Amanti del teatro, ben ritrovati!
In questo articolo conosceremo meglio uno dei più importanti e celebri teorici del teatro, che assieme ad altri studiosi, registi e pedagoghi, ha parlato del ruolo dell’attore.
Vi ho già parlato di Konstantin Stanislavskij e del suo celebre metodo di recitazione.
Oggi invece incontreremo Denis Diderot.
Questo grande uomo di cultura, pur non avendo elaborato un metodo attoriale, ha analizzato la figura dell’attore e le sensazioni che durante la messinscena suscita nel pubblico.
Lo ha fatto nel volume scritto sotto forma di dialogo “Paradosso sull’attore” iniziato nel 1770 ma pubblicato nella sua versione definitiva soltanto postumo nel 1830.
Ma prima di analizzare l’opera e ciò che racchiude dell’arte attoriale, è bene immergerci nell’epoca che ha accolto Diderot, il Settecento illuminista, in modo da capire meglio il suo testo.
Le origini
Denis Diderot nasce a Langres il 5 Ottobre 1713 e muore a Parigi il 31 Luglio 1784.
I genitori, una benestante famiglia di artigiani di religione cattolica, aspirano per lui ad una carriera ecclesiastica o giuridica tanto da iscriverlo al collegio gesuita di Langres.
Non soddisfatto del futuro scelto per lui, abbandona l’istituto e si trasferisce a Parigi dove consegue una laurea generica all’Università. Durante gli anni di studio nella capitale francese, Diderot inizia a frequentare i salotti illuministi.
Ed è proprio in questi anni che, nel variegato scambio di opinioni tra i partecipanti alle lussuose serate, si forma il suo pensiero artistico, religioso e filosofico.
Diderot entra in contatto e stringe legami di amicizia con figure del calibro di Rousseau, Voltaire, D’Alembert, il filosofo empirista Hume e l’italiano Cesare Beccaria, autore del trattato contro la tortura e la pena di morte “Dei delitti e delle pene“.
Il pensiero illuminista
Diderot diviene così uno dei più importanti esponenti della cultura illuminista e un influente uomo del Settecento.
Secondo i principi di questo Movimento culturale, politico e sociale, il mondo deve essere indagato attraverso l’osservazione razionale dei fatti per poter così conoscere la realtà, cambiarla e migliorarla.
Il termine Illuminismo indica infatti la volontà dei suoi esponenti di “illuminare” la mente degli uomini rispetto all’epoca passata, fatta di superstizione e ignoranza.
La fonte del sapere deve essere la ragione e la conoscenza e non la tradizione e le credenze popolari.
Diderot applica i nascenti principi a tutti i suoi campi di studio.
Il pensiero di Diderot sull’arte
Dal punto di vista artistico – ed è questo l’aspetto che ci interessa più di tutti nell’analisi del Paradosso – Diderot sostiene che ogni forma d’arte deve avere un fine didascalico, deve esprimere verità, deve istruire.
Il campo dell’arte trova davvero terreno fertile. Si riscopre l’amore per il mondo classico e si hanno fervidi scambi di opinioni nei caffè dove intellettuali esponenti della nascente borghesia possono portare avanti le proprie idee con grande libertà.
È in questi anni che nasce la disciplina della storia dell’arte e la critica della stessa, di cui Diderot sarà un validissimo esponente.
Diderot considera la bellezza dell’arte come sensibilità individuale.
Questo significa che ognuno può avere una personale interpretazione dell’opera che ha davanti, senza attenersi ai canoni di bellezza imposti dalle epoche passate, riflettendo autonomamente su ciò che vede.
L’individuo deve, quindi, avvicinarsi all’Arte con un atteggiamento di distaccata contemplazione.
È infatti, proprio grazie alla distanza che è possibile avere un’immagine unitaria di ciò che si ha davanti, senso che sfugge se si è immersi totalmente in ciò che si analizza.
Questo pensiero, tuttavia, non era condiviso da tutti gli Illuministi.
Se per alcuni infatti la ragione può essere la risposta a tutto, altri esponenti dell’illuminismo la pensavano in modo un po’ diverso.
Per alcuni illuministi, come Rousseau ad esempio, fare affidamento anche in ambito artistico e soprattutto teatrale alla riflessione e alla razionalità non permette a chi ne usufruisce di godere appieno di ciò che vede, proprio perché i sentimenti e la sensibilità vengono messi in secondo piano.
La riforma del teatro
Altro aspetto assolutamente fondamentale per capire “Il paradosso dell’attore” è la riforma del teatro che proprio in questo secolo viene operata in Italia da Carlo Goldoni.
Egli decide di fondare le proprie opere sul “libro del mondo”, portando sulla scena tutto quello che di più vero e autentico può osservare nella società veneziana.
E così, le ricche scenografie barocche e la recitazione pomposa lasciano spazio a un teatro diametralmente opposto. In scena si avranno quindi storie quotidiane ambientate nei salotti del nascente ceto borghese, regalando al pubblico lo specchio della loro immagine.
Avremo modo di vedere che cosa pensa Diderot di questo cambio di rotta rispetto al passato.
L’Enciclopedia
In questi anni di fervore artistico, politico e sociale vede la luce l’opera che racchiude in sé l’essenza del pensiero Illuminista: l’Encyclopedie.
Ricerche, esperienze, argomentazioni, uso della ragione, sono alla base di questo immenso progetto.
Il progetto dell’ “Enciclopedia”, o “Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri” nasce dalla volontà di tradurre la Cyclopedia inglese di Chambers. In un secondo momento, però, il progetto si evolve in una vera e propria stesura di una nuova enciclopedia.
Vengono chiamati a rapporto i maggiori esponenti del Settecento illuminista. L’opera vede la luce tra il 1751 e il 1772 e tra i collaboratori più famosi vede D’Alembert.
E Diderot? Beh, lui è stato il direttore dell’ Enciclopedia.
L’opera si compone di 17 volumi di testi scritti, 11 di tavole illustrate e più di 70.000 voci!
L’Enciclopedia era un’opera totalmente innovativa, che aveva come obiettivo quello di spiegare e analizzare tutto lo scibile umano, in ogni suo aspetto.
E perciò è stato affrontato anche l’argomento che più ci interessa, il teatro.
Tra le tantissime voci redatte è curioso notarne alcune che possono colpire il nostro interesse.
Dramma.
Una voce concisa legata ancora alla tradizione classicista perché racchiude in sé indifferentemente tragedia, commedia e dramma satiresco senza un possibile riferimento al dramma borghese che vedrà la luce di lì a poco.
Tragico-borghese.
Anche in questo caso non si parla di dramma borghese così come lo intendiamo noi ma anzi “Se è vero che non possiamo far calzare il socco ai re, non è meno vero che non si può mettere il coturno al mercante” escludendo una mescolanza di generi.
La voce si conclude in questo modo:
“In conclusione, non è da artisti mettere in scena il tragico borghese o, che è la stessa cosa, soggetti non eroici”
Commedia.
“Non è sufficiente per rendere verosimili l’intrigo e il dialogo eliminare gli a parte e gli equivoci […] bisogna anche che tutto quello che accade e che si dice sulla scena sia un ritratto così semplice della società da far dimenticare di essere a teatro”.
Una ricerca di verosimiglianza che si avvicina alla riforma teatrale che proprio in questi anni va affermandosi.
Come puoi notare queste voci sembrano quasi in contraddizione.
Laddove si nega la possibilità di mettere in scena soggetti non eroici e quindi più verosimili, dall’altra parte si ricerca proprio quel bisogno di verità che caratterizza gran parte del teatro.
Nasce in questi anni di fervore artistico una disputa in ambito teatrale tra coloro che ancora sono legati ai vecchi valori della tradizione e coloro che ricercano la verosimiglianza sulla scena.
Diderot con le sue riflessioni si inserisce in questo dibattito dando vita ad un testo molto interessante che negli anni ha smosso l’interesse di attori e registi.
Nel prossimo articolo, conosciamo e analizziamo l’opera di Diderot che a noi teatranti interessa di più “Il Paradosso dell’attore”.
Si tratta di un’opera che portò a molteplici riflessioni, sia tra i contemporanei di Diderot che nelle epoche successive.
E veramente, il testo può essere un Paradosso e una prima lettura…
Per mantenere viva la tua curiosità ti lascio con la frase con cui si potrebbe sintetizzare tutta l’argomentazione:
“È l’estrema sensibilità che fa gli attori mediocri; è la sensibilità mediocre che fa l’infinita schiera dei cattivi attori; ed è l’assoluta mancanza di sensibilità che prepara gli attori sublimi”.
Un bel paradosso, non trovi?