Quando si parla dei grandi artisti può capitare di dimenticarsi che dietro ai loro nomi, alle loro opere, ci siano degli uomini.
Che ci siano delle persone, con i loro pregi e i loro difetti.
Insomma, si tende a dimenticare che un grande Artista è prima di tutto una persona, esattamente come me e te.
Questo loro aspetto umano ce li fa sentire più vicini.
I miei insegnanti non hanno mai raccontato in classe nessun aneddoto o curiosità sui grandi artisti e letterati e trovo che questo sia un grave errore. Un po’ di sano gossip letterario magari mi avrebbe fatto studiare “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni con maggior facilità. E invece ho odiato Renzo, Lucia e Manzoni con tutta me stessa.
È per questo motivo che ora, da adulta, mi piace moltissimo andare a spulciare nelle biografie dei grandi artisti del passato.
Ed è sempre curioso scovare lati del loro carattere che, sorprendentemente, scopro assomigliarmi.
Tempo fa, complice una foto trovata sul web, sono venuta a conoscenza della profonda amicizia tra due grandissimi artisti italiani: Eduardo De Filippo e Antonio de Curtis, in arte Totò.
Inutile dirvi quanto mi ha fatto piacere sapere che si volessero un gran bene, perché sono una grande ammiratrice di entrambi.
Come si sono conosciuti Eduardo De Filippo e Totò?
Per risalire al loro primissimo incontro, bisogna fare un salto indietro lungo un secolo.
Dobbiamo tornare ai primi anni del Novecento, a Napoli.
Sia Eduardo che Totò mossero i loro primissimi passi da attore nei vari teatri di questa città: i camerini e i corridoi dei teatri San Ferdinando, Orfeo e Trianon fecero da sfondo agli albori della loro straordinaria amicizia.
I due grandi artisti, seppur giovanissimi, avevano già molto in comune.
Entrambi non se la passavano benissimo economicamente e sapevano fin troppo bene cosa vuol dire patire la fame.
Ma a ben guardare, questa forse era una condizione comune a tantissimi napoletani in quegli anni.
Forse ciò che più li univa era la loro condizione di Figli Illegittimi.
Eduardo era infatti frutto di una relazione clandestina del padre, il grande Eduardo Scarpetta.
Il cognome col quale è diventato famoso in tutto il mondo è infatti quello della madre, Luisa De Filippo, una sarta teatrale.
Lo stesso destino di figlio illegittimo toccò anche a Totò, che nacque dalla relazione tra Anna Clemente e il marchese Giuseppe de Curtis (riconosciuto solo da adulto, nel 1933).
Mi piace immaginare questi due ragazzini, di sedici e quattordici anni, passeggiare per le strade della Napoli di inizio Novecento, magari dopo le prove di uno spettacolo. Mi piace pensare che si confidassero i loro sogni.
Chissà se già a quell’età si immaginavano che un giorno sarebbero diventati due grandi uomini di teatro e cinema!
Di quegli anni, Eduardo De Filippo ci racconta un aneddoto curioso e dolce, che rende bene l’idea della profondità dello loro amicizia.
In un’intervista video, Eduardo racconta che quando aveva vent’anni, durante una trasferta a Palermo, si sentì male.
Il destino volle che nella stessa città si trovasse anche l’amico di sempre, Totò, in tournée a Palermo con un altro spettacolo.
Eduardo ci dice che Totò, proprio come farebbe un fratello, alla fine di ogni replica del suo spettacolo andava a trovarlo, improvvisandosi infermiere.
Il Principe della Risata, infatti, ogni sera gli preparava delle pezze calde da mettere sul corpo per sentire meno dolore.
E per farlo distrarre, gli raccontava delle barzellette.
Eduardo racconta che una volta, mentre lo medicava, Totò gli cantò “Il portavoce”, una macchietta napoletana.
Lo fece ridere così tanto da doverlo supplicare, scherzando, di andar via perché tutto quel ridere gli faceva male.
Un’amicizia lunga una vita.
Come spesso accade, la vita ci porta ad allontanarci dai nostri amici.
Alcuni li perdi di vista, e va a finire che te li dimentichi.
Altri invece, anche se è un sacco di tempo che non li frequenti, rimangono con te. Sono sempre parte di te, perché hanno preso un posticino nel tuo cuore.
E così anche Eduardo De Filippo e Totò finirono per allontanarsi, complici la vita e il lavoro.
Eduardo girava per tutta Italia con i suoi due fratelli, scrivendo e mettendo in scena le sue indimenticabili commedie.
Il Principe della Risata, invece, era sempre più impegnato nel mondo del cinema, diventando una star con i suoi divertentissimi film.
E in mezzo a tutto questo, ci fu il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale.
In un’epoca in cui la Paura la fa da padrona, chi ha un grande cuore brilla di luce propria.
Totò e Eduardo De Filippo erano fatti della stessa pasta. Erano due persone speciali.
Durante la guerra, continuarono infatti a mettere in scena i loro spettacoli, sfidando la censura nazi-fascista.
Si racconta che un giorno Totò venne a sapere da un amico che i nazisti erano intenzionati ad arrestare sia lui (che all’epoca lavorava al Teatro Valle di Roma) che i fratelli De Filippo che recitavano all’Eliseo.
Totò, prima di trovar rifugio presso delle sue conoscenze, avvisò della cosa il suo amico.
Fortunatamente, entrambi sopravvissero alla Seconda Guerra Mondiale e passarono indenni anche la miseria che il dopoguerra si portava appresso.
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Finalmente insieme sul set!
Due artisti come loro non potevano restare solamente amici.
Dovevano anche essere colleghi in uno stesso progetto. Questo era il pensiero del grande produttore Dino De Laurentiis, che volle trarre un film da “Napoli Milionaria” la grande commedia di Eduardo De Filippo.
Si racconta che De Laurentiis disse a De Filippo, senza mezzi termini, “devi convincere Totò ad accettare una parte”.
Celebre è la risposta che Eduardo ricevette dal Principe della Risata: “Eduardo, con te lavoro gratis!”
Come ci racconta la figlia di Totò, Liliana De Curtis, Eduardo De Filippo rimase molto colpito dall’entusiasmo con cui il grande amico accettò la sua proposta. E di getto gli scrisse una lettera, davvero molto toccante. Ti riporto un estratto, che penso faccia capire quanto sia raro e bellissimo avere al proprio fianco un amico vero.
“Caro Antonio, […] A parte qualunque interesse, questa collaborazione che io ti ho chiesto, ci riporterà, sia pur pochi giorni, ai tempi felici e squallidi della nostra giovinezza.
Ogni qualvolta penso a te, Amico, te l’ho detto a voce, e voglio ripeterlo per iscritto, ho l’impressione di non essere più solo nella vita. Questa benefica certezza mi viene senza dubbio dalle infinite dimostrazioni pratiche di affetto che tu, in qualsiasi momento, mi dai.”
Eduardo, in allegato alla lettera, inviò anche una preziosa collana come regalo alla allora moglie di Antonio De Curtis.
Ma Totò, come racconta la figlia Liliana, “rimase commosso dalle sue parole. Nel suo cuore pesava più la lettera che la collana di Bulgari.”
Un’Amicizia profonda, che durò fino alla morte prematura di Antonio De Curtis.
Eduardo De Filippo ne scrisse un toccante ricordo in una lettera su “Paese Sera”, in cui ripercorse la loro amicizia fin dai loro primissimi incontri.
“Erano più colorate le strade di Napoli, più ricche di bancarelle improvvisate di chioschi di acquaioli, più affollate di gente aperta al sorriso allora, quando alle dieci di mattina le attraversavo a passo lesto avevo quattordici anni per trovarmi puntuale al teatro Orfeo, un piccolo, tetro, e lurido locale periferico, dove, in un bugigattolo di camerino dalle pareti gonfie di umidità, per fare quattro chiacchiere tra uno spettacolo e l’altro, mi aspettava un mio compagno sedicenne che lavorava là….
Oggi è morto Totò. E io, quattordicenne di nuovo, a passo lento risalgo la via Chiaia, e giù per il Rettifilo, attraverso piazza Ferrovia. Entro per la porta del palcoscenico di quello sporco locale che a me pare bello e sontuoso, raggiungo il camerino, mi siedo e mentre aspetto ascolto a distanza la sua voce, le note della misera orchestrina che lo accompagna e l’uragano di applausi che parte da quella platea esigente e implacabile a ogni gesto, ogni salto, ogni contorsione, ogni ammiccamento del “guitto”. Do un’occhiata attorno; il fracchettino verde, striminzito, è lì appeso a un chiodo: accanto c’è quello nero.
Quello rosso glielo vedrò indosso tra poco, quando avrà terminato il suo numero. I ridicoli cappellini… A bacchetta, a tondino… e nero, marrone, e grigio… sono tutti allineati sulla parete di fronte. ..Manca il tubino: lo vedrò tra poco. Il bastoncino di bambù non c’è: lo avrà portato in scena. E lì, sulla tavoletta del trucco? Cosa c’è in quel pacchetto fatto con la carta di giornale? È la merenda, pane e frittata. E la miserabile musica continua, e la sua voce diventa via via ansiosa di trasportare altrove quella orchestrina, di moltiplicarla.
Dal bugigattolo dove mi trovo non mi è dato vederlo lavorare, ma di sentirlo e immaginarlo com’è, come io lo vedo come vorrei che lo vedessero gli altri. Non come una curiosità da teatro, ma come una luce che miracolosamente assume le fattezze di una creatura irreale che ha facoltà di rompere, spezzettare e far cadere a terra i suoi gesti e raccoglierli poi per ricomporli di nuovo, e assomigliare a tutti noi, e che va e viene, viene e va, e poi torna sulla Luna da dove è disceso.
Ora sono travolgenti gli applausi e le grida di entusiasmo di quel pubblico: il numero è finito. Un rumore di passi lenti e stanchi si avvicina, la porticina del bugigattolo viene spinta dall’esterno. Egli deve aprire e chiudere più volte le palpebre e sbatterle per liberarle dalle gocce di sudore che gli scorrono giù dalla fronte per potermi vedere e riconoscere, e finalmente dirmi: ” Edua’, stai cca’! ” E un abbraccio fraterno che nel tenerci per un attimo avvinti ci dava la certezza di sentire reciprocamente un contatto di razza. E le quattro chiacchiere, quelle riguardavano noi due, le abbiamo fatte ancora per anni, fino a pochi giorni fa.”
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Chissà, magari avrebbero potuto collaborare di nuovo insieme, un giorno.
Magari la volta dopo sarebbe stato Totò a tornare a calcare le assi del palcoscenico, insieme al grande Eduardo De Filippo.
Chissà cosa avrebbero potuto creare, due geni come loro, se solo avessero collaborato di più insieme.
Ma alla fine, va bene così.
Perché quello che Totò ed Eduardo De Filippo ci hanno insegnato, semplicemente essendo se stessi, con la loro amicizia, è qualcosa di davvero prezioso.
Ci hanno insegnato ad amare.
E un insegnamento più grande non potevano darcelo.
Grazie Eduardo e Totò.
Per tutto.
P.S.
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A presto!