Oggi facciamo una piccola escursione in un mondo che, fino ad ora, non avevamo mai esplorato, quello delle Serie TV.
E lo facciamo a ragion veduta, perché molti prodotti televisivi sono espressione di molteplici arti che noi di Teatro per Tutti non possiamo non ammirare.
Anche se spesso le serie TV rispondono molto più di uno spettacolo teatrale a delle mere leggi di mercato, perché alla continua ricerca del consenso da parte del pubblico, esistono tuttavia delle grandi e splendide eccezioni.
Ed è il caso della serie TV di cui oggi vi vorrei parlare: Il Metodo Kominsky.
La trama
Il Metodo Kominsky nasce dalla geniale mente di Chuck Lorre, creatore di svariate sitcom di successo, tra cui le celebri “Due uomini e mezzo” e “The Big Bang Theory”.
E in effetti, l’inconfondibile ironia della sua scrittura si respira ad ogni parola e ogni dialogo.
la trama è piuttosto semplice e racconta la vita di Sandy Kominsky, un attore ormai anziano, che ha avuto una carriera tutt’altro che brillante ma è rinomato per il suo straordinario metodo di recitazione, che ha formato molti attori di successo.
Al suo fianco c’è l’amico di sempre, il cinico Norman Newlander, anche lui attivo nel mondo del cinema come un importante agente di Hollywood.

Il Metodo Kominsky: Una serie sulla terza età…
Ciò che mi ha spinto ad aprire Netflix per vedere Il Metodo Kominsky non sono stati soltanto i nomi dei due straordinari interpreti principali, Michael Douglas e Alan Arkin, ma anche e soprattutto il fatto che protagonisti della trama fossero un insegnante di recitazione e un agente.
Due figure importantissime per ogni attrice e attore ma che, troppo spesso, non vengono prese molto in considerazione quando si parla della performance degli interpreti di un film o una serie tv.
Nel corso delle tre stagioni, tuttavia, il blasonato mondo del cinema hollywoodiano fa solo da sfondo alla storia di questi due uomini ormai avviati alla terza fase della loro vita. E viene così mostrata la vecchiaia, con uno sguardo disincantato, ironico e cinico.
Sandy e Norman guardano agli eventi della vita con un distacco emotivo che non sempre è così genuino e vero.
A volte sembra che sia un meccanismo di difesa per proteggere loro stessi da tutte quelle problematiche che inevitabilmente devono vivere con l’avanzare dell’età.
Tuttavia, nei momenti peggiori della loro esistenza, l’ostentata insensibilità di cui sembrano andar fieri viene meno e riescono a dirsi “ti voglio bene” e a dimostrare così l’amore fraterno che li lega ormai da decenni.
… e sulla recitazione.
Parallelamente, la serie tv ci mostra svariate lezioni di recitazione di Sandy Kominsky, a cui partecipa un appassionato gruppo di giovani attori.
E devo ammettere che sono stati i momenti che mi gustavo maggiormente e che attendevo con maggior trepidazione.
Mi piacerebbe un sacco assistere a delle lezioni della scuola di recitazione di Sandy Kominsky, perché mi piace pensare che lezioni di questo tipo non siano necessarie solo per imparare la straordinaria arte della recitazione, ma che possano essere delle vere e proprie lezioni di vita.
Sandy Kominsky infatti, reduce dalle disavventure che la vita ancora gli offre nonostante sia anziano, di fronte ai suoi ragazzi dispensa perle di saggezza su quanto sia importante come attori accogliere e vivere le proprie emozioni.
E lo fa ostinatamente, anche quando i suoi allievi sembrano essere maggiormente interessati a questioni più materiali come, ad esempio, trovare l’agente o il provino giusto.
Ma ancora una volta Chuck Lorre riesce a strapparci una risata, perché il primo a non rispettare le grandi lezioni di vita di Sandy Kominsky è proprio…Sandy Kominsky.
Nonostante questo, il nostro Sandy è indubbiamente un grande maestro di recitazione.
Forse lo è proprio perché ha sempre insegnato, a discapito di una carriera attoriale davvero breve e poco significativa. E forse proprio grazie al suo punto di vista esterno può aver osservato con distacco i meccanismi e gli ingranaggi del mondo del cinema, per cui sa spiegargli ai giovani allievi della sua scuola.
Vorrei concludere con un paio di importanti monologhi che Kominsky pronuncia ai suoi allievi.
A mio avviso sono insegnamenti che dovresti custodire gelosamente, se sei seriamente intenzionato a intraprendere la professione d’attore o attrice.
“Prima di iniziare la lezione di stasera, vorrei soffermarmi a parlare sulla nostra “arte”: la recitazione. Che cos’è?
Mentre un attore recita, che cosa lui o lei o loro, stanno facendo? Be’ da una parte la risposta è facile. Stanno fingendo e a noi sembra reale.
Ma a un livello più profondo dovremmo chiedere a noi stessi: “Che sta succedendo?” Chiedetemelo, vi prego, perché sto iniziando a sentirmi solo qui.
Quello che succede, e voglio che ascoltiate bene, quello che succede è che l’attore interpreta Dio.
Perché, dopotutto, che cosa fa Dio? Dio crea.
Dio dice “ecco il mondo” e bam! Quel mondo esiste.
Dio dice “Ecco la vita” e bam di nuovo! Nasce la vita.
Dio dice “Ecco la morte” e boom! Oscurità. E l’oscurità ritorna.
Per noi questo che significa? Che ne facciamo di questa informazione e come la riportiamo nel nostro lavoro?
La risposta, miei cari colleghi, è che, come Dio, dobbiamo amare le nostre creazioni. Dobbiamo riempirle di vita, di carattere, di speranza, di sogni e di errori fatali, e poi… e poi dobbiamo lasciarle andare.
Perché alla fine il vero amore, l’amore di Dio, è lasciare andare.”
Queste parole vengono pronunciate durante il primo episodio della prima stagione… e come puoi facilmente intuire, mi sono innamorata di Sandy immediatamente!
Adesso, invece, ti riporto un monologo che Sandy pronuncia durante il sesto episodio della seconda stagione, che credo sia il motivo per cui alcuni film, serie tv, spettacoli teatrali e interpreti siano infinitamente migliori rispetto ad altri…
“Che cosa distingue la commedia dalla tragedia? C’è davvero una differenza?
In quanto attori, noi tutti dovremmo pensare che esiste una separazione da queste due forme? Gli esseri umani piangono, si innamorano, hanno paura, ridono, s’infuriano.
Quale di questi stati d’animo è più importante, è più degno di essere vissuto rispetto agli altri?
La risposta è semplice. Nessuno. Si equivalgono.
Quindi noi non mettiamo in scena commedie e nemmeno tragedie, mettiamo in scena la verità.
Se venite scritturati per una sitcom e dovete recitare una freddura, voi non interpretate la battuta in sé, voi interpretate la realtà di quel momento.
E se ne seguiranno o no delle risate, non è un vostro problema. Voi non dovete forzare la mano, anzi questa è la cosa peggiore che possiate fare.”
Qualche giorno fa ho finito di vedere la terza e ultima stagione di “Il Metodo Kominsky”.
Tranquilli, niente spoiler!
Sebbene si respiri un po’ di amarezza rispetto alle due stagioni precedenti, il ritmo della trama, i dialoghi ironici e serrati ti catturano e ammaliano.
I personaggi continuano ad essere spassosamente veri, anche quando si rischia seriamente di far scendere la lacrimuccia e di commuoversi.
Ed è così che Sandy, sua figlia Mindy, Norman e gli altri personaggi ti rimangono nel cuore, come se fossero persone reali che conosci e a cui vuoi bene.
A mio parere, quando si innesca questo meccanismo significa che ciò che hai visto non è solo un film, una serie tv o uno spettacolo. Ciò che hai visto è Arte, con la A maiuscola.
Se non hai ancora visto questo gioiellino di serie tv, ti consiglio di rimediare al più presto.
Se invece sei tra coloro che l’ha già vista, dimmi che ne pensi!