Pirandello e il tema della Pazzia. Come la vita reale influenza l’opera di un artista.

In questo articolo Rebecca Luparini ti parlerà di:

Fin dai tempi delle superiori (si parla quindi di secoli fa 😀 ) ho sempre avuto un’enorme curiosità circa la vita privata degli scrittori ed intellettuali che di volta in volta i professori mi facevano conoscere a scuola.

Ammetto che, inizialmente, la mia curiosità era soprattutto sete di gossip.

Ma con il passare del tempo ho invece capito quanto la vita privata degli scrittori possa influenzare, nella maggior parte dei casi, in maniera preponderante la loro produzione letteraria.

A questo proposito, vorrei parlarvi di un periodo della vita del grandissimo drammaturgo e scrittore Luigi Pirandello che, a mio avviso, ha finito per influenzare almeno in parte la sua poetica letteraria e teatrale.

Mi sto riferendo al matrimonio di Luigi con sua moglie Maria Antonietta Portulano. Un matrimonio che è stato felice solo durante i primi anni, fino a quando la donna non ha iniziato a dar cenni di forte squilibrio mentale.

 

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Maria Antonietta Portolano, moglie di Luigi Pirandello
Maria Antonietta Portolano, moglie di Luigi Pirandello. Pubblico dominio, Collegamento

 

I primi anni del Matrimonio con Antonietta.

Luigi Pirandello convolò a nozze il 27 Gennaio 1894. Si trattava di un matrimonio d’affari, praticamente un matrimonio combinato e deciso dal padre di Pirandello, Don Stefano e dal padre di Antonietta, un suo ricco socio.

I due giovani, prima di sposarsi, non hanno praticamente avuto modo di conoscersi, se non in brevi incontri di due ore avvenuti durante il mese precedente alle nozze. Incontri che non hanno mai portato avanti da soli, ma sempre con la presenza vigile della madre di Antonietta e della sorella di Luigi.

Nonostante le premesse fu inizialmente un matrimonio felice, perché i due impararono fin da subito ad amarsi, come si intuisce dall’epistolario stesso di Pirandello.

La loro passione li portò ben presto a diventare genitori per la prima volta nel 1895 con la nascita di Stefano, seguita a distanza di pochi anni dalla nascita di Rosalia (Lietta) e di Fausto.

Anche dal punto di vista economico, le cose sembravano andar piuttosto bene e infatti, grazie alla dote della moglie si trasferirono a Roma.

 

 

Il Crollo finanziario.

Nel 1903 però, le cose per il nostro Pirandello iniziarono a prendere una piega diversa. Suo padre tempo indietro acquistò una miniera di Zolfo nelle vicinanze di Girgenti e in essa investì anche una parte della dote di Antonietta.

L’investimento sembrò fruttuoso sia per il padre che per il figlio, portando a notevoli guadagni di cui potè godere anche la famiglia di Luigi. Ma un giorno, d’improvviso, la miniera si allagò e di conseguenza andarono in fumo tutti i guadagni di Don Stefano e di Luigi stesso.

Subito Don Stefano scrisse una lettera al figlio, che ancora abitava a Roma. Ma a ricevere e a leggere la lettera non fu Luigi, bensì Antonietta.

Riporto un passo della biografia di Pirandello scritta magistralmente da Andrea Camilleri che racconta il momento in cui Antonietta legge la terribile lettera del suocero:

“Era la fine e don Stefano scrisse tutto al figlio. Senonché la lettera, essendo Luigi a scuola [Pirandello in quel periodo lavorava come insegnante di Lettere presso un istituto femminile], venne consegnata ad Antonietta la quale, come abitualmente faceva, riconosciuta la grafia del suocero, l’aprì e la lesse. Qualche ora appresso Luigi, tornando a casa, trovò antonietta semiparalizzata sopra a una poltrona, gli occhi persi, distrutta. È l’inizio dichiarato di quella malattia mentale che avrà, nei primi anni, alti e bassi, ma che peggiorerà col passare del tempo”

[Andrea Camilleri, “Biografia del figlio cambiato” Ed. Rizzoli]

 

Fino a quel momento, la pazzia della donna rimase piuttosto latente sebbene fosse  già chiaro che soffrisse di nervi e fosse d’animo fragile.

Ma probabilmente fu questo brutto ed improvviso evento che segnò l’inizio della fine di un matrimonio felice e normale. E che inevitabilmente fece scivolare Antonietta nell’abisso della malattia mentale.

 

La Malattia Mentale di Antonietta.

Come suggerisce giustamente Andrea Camilleri, è stato questo l’evento scatenante che ha peggiorato inevitabilmente la situazione mentale di Antonietta. E, di conseguenza, la vita del nostro drammaturgo.

Prima di allora, sebbene pare che tra i due coniugi non ci fosse troppo dialogo, il matrimonio era sostanzialmente felice. O così lo percepiva Luigi. Una persona che si è sempre dedicato alla famiglia, lavorando assiduamente come insegnante e come autore sia prima che, a maggior ragione, dopo la disfatta economica della miniera di zolfo.

Antonietta, sebbene grazie alle amorevoli cure del marito riuscì in un primo momento a riprendersi, finì per diventare assurdamente gelosa del marito facendo diventare la vita di Pirandello un vero e proprio inferno.

Le scenate di gelosia di Antonietta, giorno dopo giorno, si fecero sempre più frequenti e violente. Antonietta era gelosa di qualsiasi donna che intrattenesse anche un semplice dialogo col marito. Non vedeva di buon occhio le sue allieve e tanto meno le attrici che incontrava a causa del suo lavoro da drammaturgo.

Pirandello, dopo cinque anni, confidò questa sua triste situazione all’amico Ugo Ojetti, parlando apertamente della pazzia di Antonietta forse per la prima volta.

“Ho una moglie, caro Ugo, da cinque anni pazza. E la pazzia di mia moglie sono io, il che ti dimostra senz’altro che è una pazzia vera. Io, io che ho sempre vissuto per la mia famiglia, esclusivamente, e per il mio lavoro, esiliato da tutto il consorzio umano, per non dare a lei, alla sua pazzia, il minimo pretesto d’adombrarsi. Ma non è giovato a nulla, purtroppo; perché nulla può giovare!”

 

 

La pazzia di Antonietta.

Nonostante questa consapevolezza amara, Luigi Pirandello non sembra avere la forza di prendere provvedimenti per arginare la follia della moglie. La situazione in famiglia è, infatti, sempre più insostenibile perché la situazione mentale di Antonietta anziché migliorare, peggiora inevitabilmente.

La gelosia della consorte Pirandello raggiungerà infine un punto di non ritorno e supererà il limite.

Non solo le allieve e le attrici vengono viste come rivali, ma addirittura la loro figlia Lietta viene accusata di essere l’amante del marito. Dapprima accusa la figlia di volerla avvelenare e la costringe ad assaggiare per prima i piatti preparati in casa. Poi arrivano le accuse ancor più pesanti da sopportare. Accuse di incesto tra il marito e la figlia.

Accuse che per la giovane Lietta sono così dolorose da farla arrivare al punto di impugnare una pistola e uccidersi. Suicidio sfiorato solo perché l’arma s’inceppa.

 

 

Il Ricovero della moglie e la famiglia di Pirandello che si sfalda.

Ormai Pirandello, assieme ai figli, si rende conto che non è assolutamente in grado di gestire la follia di Antonietta. E così nel gennaio del 1919 prende la dolorosa decisione di internare la moglie in una clinica psichiatrica di Roma.

Nel certificato medico del Dottor Ferruccio Montesano si legge che Antonietta Portulano era “affetta da delirio paranoide” che la rendeva “pericolosa per sé e per gli altri”.

Luigi non ebbe forse il cuore e il coraggio di portar la moglie in un istituto dove era consapevole avrebbe finito i suoi giorni. Furono i figli Stefano e Fausto ad accompagnare Antonietta in quella clinica, dove morì quarant’anni più tardi.

I primi tempi, Luigi andò spesso a far visita ad Antonietta. Ma ogni volta per lui, come si intuisce dalle sue lettere al figlio Stefano, si trattava di un’esperienza assai dolorosa. La moglie si mostrava sempre più gelosa e arrabbiata col marito e, proprio all’interno dell’istituto, si lasciò andare completamente alla sua pazzia.

Pirandello finì quindi per dedicarsi anima e corpo al proprio lavoro, alla stesura di novelle, romanzi e opere drammaturgiche. E a viaggiare in lungo e largo per l’Italia e l’Europa.

La sua famiglia felice e unita di tanti anni indietro è ormai solo un ricordo pieno di malinconia. La sua famiglia praticamente non c’era più, sebbene dall’episotlario di Pirandello si evinca che abbia sempre mantenuto continui contatti coi figli.

 

 

La pazzia nel Teatro di Pirandello.

Alla luce di questa sua segnante esperienza, forse è più comprensibile perché Pirandello fosse così ossessionato dalle mille sfaccettature dell’Io di ogni persona inserita nella società.

Come è noto, ha infatti sempre sostenuto nelle sue opere letterarie e teatrali, che ogni individuo inserito nella società assuma atteggiamenti e maschere differenti a seconda della situazione.

Una pluralità di “Io” così vasta che è praticamente impossibile per le persone essere veramente se stessi.

Una Crisi dell’Io che difficilmente si può risolvere razionalmente.

Non c’è quindi da sorprendersi del fatto che tantissime produzioni letterarie e drammaturgiche di Pirandello siano incentrate sulla pazzia. Sia essa vera o presunta fa poca differenza.

Un esempio esplicito di questo suo pensiero sono sicuramente le opere teatrali “Il Berretto a Sonagli” scritto nel 1916 e “Enrico IV” composto nel 1921 che consiglio caldamente di leggere.

 

 

Molti biografi si chiedono come mai Pirandello abbia vissuto tutti questi anni al fianco di una donna che, evidentemente, non era più la stessa che aveva sposato.

Che gli sia mancato il coraggio? Che si sentisse in dovere, in quanto marito, di non abbandonarla?

Forse non si era mai reso davvero conto di quanto grave fosse la situazione della moglie, o magari non poteva accettare che Antonietta fosse pazza e negava l’evidenza.

Beh, a mio parere tutte queste sono congetture che lasciano il tempo che trovano.

Noi non sapremo mai cosa Pirandello pensasse veramente di questa sua brutta situazione.

E d’altra parte, per quanto oggi possa essere facile giudicare cosa avrebbe o non avrebbe dovuto fare, è fuori da ogni dubbio che le situazioni per capirle davvero bisogna viverle in prima persona.

Ad ogni modo, è probabilmente anche grazie a questa sua terribile esperienza che Luigi Pirandello ci ha lasciato capolavori letterari e teatrali famosi in tutto il mondo e che ancora oggi vengono letti e interpretati in Italia e all’estero.

E senz’altro è vero che nell’arte, sia essa letteratura o teatro, si può trovare una valvola di sfogo per superare le difficoltà della vita.

Per questo motivo non mi stancherò mai di occuparmi di arte, di letteratura e di teatro.

L’arte, nel senso più ampio del termine, è l’espressione più nobile delle brutture dell’essere umano e abbiamo il dovere di difenderla sempre.

 

 

Fonte: “Il segreto di un nobel italiano” di Paolo di Paolo

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