IL TEATRO ALL’ITALIANA

In questo articolo Elisa Puccini ti parlerà di:

Bentornati al nostro appuntamento con il viaggio nella storia del teatro!

Dopo una lunga sosta nel Teatro del Cinquecento, tra le feste private nelle più sfarzose corti principesche e il fantasioso lavoro dei Comici dell’Arte, primi veri professionisti del teatro, oggi viaggeremo con la nostra macchina del tempo tra il Seicento e il Settecento.

Assisteremo alla nascita dei teatri all’italiana, maestosi edifici costruiti appositamente per accogliere spettacoli musicali e teatrali, offerti non più come elargizione benevola da parte dei Principi ma ad un pubblico pagante, nell’ottica di far fiorire un vero e proprio mercato della macchina teatrale.

Già nel corso del Cinquecento a Venezia alcune famiglie tra le più ricche ed influenti aprono le prime sale teatrali a spettatori paganti, rendendo pubblico un divertimento che fino a quel momento veniva offerto per diletto e solo su invito nelle famiglie dei ricchi patrizi.

Il pubblico sempre più numeroso e gli accorgimenti scenici sempre più strabilianti richiederanno ben presto la costruzione di edifici sempre più grandi.

Questi edifici, i Teatri all’Italiana, si evolveranno assumendo precise caratteristiche costruttive talmente fortunate che, prima in tutta Italia e successivamente in molte città europee, vennero realizzati moltissimi teatri, alcuni ancora oggi in piena attività.

Basta pensare alla Scala di Milano (1778), al Regio di Torino (1740) o – permettimi una citazione affettiva – il Regio Teatro Goldoni di Livorno (1847).      

Partiamo quindi alla scoperta dei nuovi edifici teatrali con i quali non cambia solo il modo di concepire uno spettacolo ma anche l’importanza riservata al pubblico.

LE CARATTERISTICHE DEL TEATRO ALL’ITALIANA

Entrando in uno di questi teatri ti accorgerai subito delle caratteristiche che  lo contraddistinguono e che con poche modifiche verranno mantenute in tutti i nuovi edifici costruiti tra il Seicento e l’Ottocento.

Pianta dei teatri d’Italia, Di Mercoli Nepos scul. – Incisione in rame edita nel 1789, Pubblico dominio, Collegamento

1. Ben visibili

Visti dall’esterno gli edifici dei teatri all’Italiana vengono incastonati nella struttura urbana della città che li ospita. Non più nascosti all’interno dei palazzi privati, si affacciano sulle piazze di grande passaggio e trovano una loro autonomia con un facciata ben visibile e il nome in vista. Avviata la macchina dell’imprenditoria teatrale, il fiorire dei teatri in una città aumenta la fama e lo status symbol delle grandi famiglie e dell’amministrazione che la governano, provocando battaglie tra imprenditori per accaparrarsi una maggior fetta di pubblico.   

2. Sala a Ferro di Cavallo

Nel Teatro all’italiana, la sala non è più rettangolare come nei teatri di corte ma si allunga, prendendo la forma a ferro di cavallo (in alcune varianti di una ellisse o di una campana). La platea, da spazio dedicato al ballo, si trasforma in luogo deputato ad accogliere una larga fetta di pubblico che, inizialmente in piedi e poi seduta, potrà godere di una buona visibilità dello spettacolo. 

3. Ordini di palchetti

Vengono costruiti dei palchetti separati e divisi in altezza per ordini che andranno a sostituire le gradinate di discendenza classica. Rispetto a quanto avveniva nei piccoli teatri privati delle corti, nel Teatro all’Italiana il pubblico dei palchi viene diviso in piccole stanze con 4 o 6 posti che permettono una fruizione quasi privata dello spettacolo. Fin dal momento della costruzione di un nuovo Teatro all’Italiana, le famiglie più abbienti affittavano un palchetto per l’intera stagione e godevano dello spettacolo senza essere disturbati dai vicini di posto. Mano a mano che i palchetti si avvicinano al palco la visuale diventa sempre meno diretta, ma più palchetti possono essere costruiti maggiori saranno i guadagni per quel teatro. 

4. Arco Scenico

Il palcoscenico del Teatro all’Italiana viene delimitato dall’arco scenico, una struttura architettonica che incornicia e separa nettamente la zona dell’azione teatrale da quella riservata agli spettatori. Il pubblico non deve più partecipare alla festa in maniera attiva ma deve accomodarsi e lasciarsi meravigliare dal lavoro degli attori. Questo elemento architettonico ha anche una funzione fondamentale nella qualità dell’acustica del teatro.

5. Scena più profonda

La scena viene resa più profonda per permettere l’impiego di nuove trovate sceniche, che siano macchine ingegnose e spettacolari o quinte scorrevoli. La maggiore profondità permette inoltre agli attori di recitare non più davanti al proscenio con alle spalle una scena fissa, ma di spingersi dentro la scena, interagendo con la scenografia e con gli altri attori dando sempre più credibilità a quello che viene rappresentato. Nel Teatro all’italiana inoltre, viene introdotto il retropalco, una parte di palco nascosta al pubblico in cui conservare il materiale di scena e da cui far uscire all’ultimo momento scenografie e oggetti di scena. 

6. Il Sipario

Nel corso del Seicento, nei Teatri all’Italiana viene introdotto l’uso di un enorme tendaggio che chiude il boccascena. In funzione di spettacoli sempre più immaginifici che troveranno nel Settecento barocco il loro apice, si pensa a celare agli occhi del pubblico fino all’ultimo istante ciò che si potrà ammirare sulla scena. Non c’è niente di più bello per uno spettatore che rimanere a bocca aperta nel momento in cui tutto viene svelato!

7. La Luce

Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento si sviluppò un accurato uso della luce e del buio per creare particolari effetti e far calare ancor di più lo spettatore nel mondo della rappresentazione teatrale.

8. L’Orchestra

L’introduzione della fossa orchestrale o golfo mistico, una sezione appositamente costruita al di sotto del livello del palco per accogliere l’orchestra delle opere liriche nascondendola agli occhi del pubblico, fu una innovazione tecnica perfezionata da Richard Wagner per una migliore resa delle sue composizioni. 

LE MODIFICHE DELLO SPAZIO SCENICO

Il passaggio dalle stanze principesche allestite in maniera temporanea per gli spettacoli ai grandi edifici pubblici dei Teatri all’Italiana non avviene in maniera repentina. Anzi, richiede l’intervento di studiosi e della nascente figura dello scenografo che punterà a creare spazi teatrali al servizio della rappresentazione e della meraviglia.

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento si impone la necessità di ampliare gli spazi scenici, in modo da consentire agli intermezzi musicali che accompagnano le rappresentazioni teatrali di far esplodere tutta la loro carica immaginifica.

Il pubblico viene coinvolto dai balli coreografati, dalla musica e soprattutto dagli spettacolari cambi scenografici che avvengono davanti ai loro occhi. Venivano impiegati costumi incredibili, macchine per il volo, fumo, fiamme. Ben presto l’interesse dello spettatore si concentra tutto nell’attesa di questi grandiosi momenti di spettacolo, mettendo in secondo piano la commedia che viene interpretata tra un intermezzo e l’altro.

A Firenze il maestro di scena Bernardo Buontalenti (1536-1608) per sbalordire il pubblico ricorre per la prima volta all’uso delle quinte scorrevoli e di prismi triangolari che presentano su ogni lato un diverso scenario.

A Venezia Giacomo Torelli (1608-1678) realizza un argano che permette la mutazione rapida e simultanea delle quinte teatrali, insieme a grandiosi espedienti scenotecnici che gli varranno il soprannome di “stregone del re”.

In entrambi i casi si manifesta la necessità di dover utilizzare non solo la parte del proscenio ma di esplorare anche la parte finora lasciata inutilizzata del palco.

Giunge così sulla via del tramonto la scena fissa dipinta, come quella del Teatro Olimpico di Vicenza ad opera di Andrea Palladio (1585). Per quanto suggestiva nel gioco di prospettive, non permette agli attori di andare oltre la parte frontale del palcoscenico. Si passa così dal lavoro degli architetti-pittori a quello degli ingegneri, dall’attenzione al recitato allo sbalordimento visivo. 

Questa nuova attenzione alla spettacolarità trova sviluppo nel melodramma. Questo nuovo genere teatrale si propone di far rivivere l’antica classica unione di musica e testo, dando espressione ai sentimenti della vita, accompagnando il canto ad una sola voce con pochi strumenti musicali. Il cosiddetto “Recitar cantando“.

La sua origine si deve al gruppo fiorentino della Camerata de’ Bardi che sin dal 1573 si riunisce a Firenze e dal 1600 porterà in scena opere musicali ispirate proprio dagli intermezzi del Rinascimento.

Nel 1637 vede la luce la prima stagione pubblica di melodrammi, inaugurata al Teatro San Cassiano di Venezia. Dopo la riforma del genere ad opera di Gluck nel Settecento, l’unione di musica, scenografie strabilianti, canto e recitazione genererà nel corso dei secoli opere maestose che troveranno nel teatro all’italiana il miglior luogo adatto alla loro rappresentazione.

Il melodramma merita un articolo a parte, ma un accenno era necessario perché proprio Bernardo Buontalenti collaborerà con il fondatore della Camerata, Giovanni de’ Bardi, nell’allestimento di alcuni intermezzi alla corte medicea. E avrai capito che il risultato ottenuto era a dir poco meraviglioso a detta dei commentatori dell’epoca!

LA SALA TEATRALE

Questo nuovo modo di concepire lo spazio scenico e di accogliere sempre più pubblico necessita di un nuovo contenitore.

Nel 1618 vede la luce il Teatro Farnese di Parma che per quanto ancora teatro di corte viene considerato il punto di transizione tra il teatro dei Principi e il teatro a gestione pubblica.

La Platea del Teatro Farnese di Parma
(Di www.bestofcinqueterre.com – Opera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento)

Costruito da Giovan Battista Aleotti nel Palazzo della Pilotta come struttura stabile, può ospitare fino a 4.500 persone (quattromilacinquecento!).

Presenta per la prima volta un palcoscenico molto profondo, dove dare libertà di azione agli attori e spazio per le scene mobili impiegate per il nascente genere musicale del melodramma. Viene inoltre concepito come teatro-torneo al chiuso, trasferendo dalla piazza le evoluzioni di cavalli e cavalieri che si esibiscono nell’area antistante al palco circondata dai gradoni per il pubblico. 

Non esiste ancora il netto distacco tra luogo dello spettacolo e luogo del pubblico. È un processo evolutivo che si concluderà con l’invenzione dell’arco scenico e con il palco sollevato rispetto al livello della platea, delimitato da un boccascena che ospita gli attori.

Ad ogni modo, almeno per tutto il Settecento quando sbalordire e meravigliare saranno le parole chiave dello spettacolo, la sala verrà comunque utilizzata ai fini dello spettacolo: vi verranno organizzati balli, spettacoli circensi, lotte tra animali e perfino riempita con acqua per le naumachie – le battaglie navali. E ancora balli in maschera e veglioni. Gli intrattenimenti tipici delle corti continueranno così a vivere in questi primi edifici pubblici e ad attirare sempre più spettatori.

Imprenditori teatrali, architetti, scenografi capiscono ben presto che la direzione intrapresa è quella giusta e, dopo le prime sperimentazioni, la struttura si perfeziona nel Teatro Nuovo di Bologna costruito tra il 1756 e il 1763.

L’architetto Antonio Galli Bibbiena costruisce una sala che può ospitare il pubblico seduto in sala e nei quattro ordini di palchi disposti in una forma a campana, la migliore secondo lui per acustica e visibilità.

Da qui in poi i teatri all’italiana presenteranno tutti quelle caratteristiche che abbiamo esaminato all’inizio dell’articolo. Alcuni avranno decorazioni maestose in perfetto stile barocco, altri saranno decorati in maniera molto semplice, avranno più o meno ordini di palchi, alcuni ospiteranno un lampadario sul soffitto della sala.

Quello che è indubbio è che tutti sono bellissimi, delle bomboniere che non aspettano altro di mostrarsi in tutto il loro splendore.  

LA PROSPETTIVA

La costruzione di teatri pubblici a pagamento sposta l’attenzione dalla figura centrale del Principe alla comunità di spettatori paganti.

Interessante in questo senso è anche la diversa concezione della prospettiva. Se nei teatri di corte il fuoco della prospettiva della città ideale era centrale, come centrale era la figura del Principe sia in teatro che nella vita dei sudditi, nei nascenti edifici teatrali la prospettiva si sviluppa per angolo o a fuochi multipli. Da un corpo centrale divergono più fughe con punti di vista autonomi.

È la tipologia di prospettiva più adatta all’avvento del nuovo pubblico in espansione che vanno a collocarsi in situazioni spaziali differenti. 

A questa nuova prospettiva si aggiunge in piena epoca barocca la prospettiva all’infinito. Come in un gioco di specchi, questa prospettiva cattura lo spettatore in una sorte di vertigine senza fine, alla conquista di spazi illimitati in cui si perde il riferimento alla realtà e si perde il fuoco della visione di insieme.

Del resto si sa, in epoca barocca più le situazioni sono spettacolari e strabordanti (oggi diremmo kitsch), più si raggiunge quell’effetto di meraviglia che tanto viene ricercato in ogni campo.

L’INTERESSE DEL PUBBLICO

Una volta costruiti degli edifici ad uso esclusivo dello spettacolo, il pubblico non dovrà più preoccuparsi di stare all’aperto e potrà assistere a tutti questi eventi comodamente seduto nei palchi, che sostituiranno una volta per tutte i gradoni.

Aristocratici e alta borghesia indosseranno i loro abiti migliori e si recheranno a teatro per trascorrervi anche l’intera giornata.

Nei corridoi dei palchi che hanno affittato mangiano, giocano a carte, a biliardo, stringono contratti e nascono nuovi rapporti.

Almeno fino a quando non esiste la volontà di voler andare a teatro con l’intento di emozionarsi, divertirsi e commuoversi, la classe dirigente del Sei-Settecento andrà a teatro per mettersi in mostra.

Lo spettacolo diventa un pretesto per confermare il proprio status sociale. 

Non a caso nel corso del Settecento la divisione in palchetti è stata aspramente criticata dagli illuministi che vi vedevano una differenziazione e ghettizzazione dell’umanità.

La presenza del Palco Reale (riservato alle famiglie reali e alle autorità), posto al centro degli ordini di palchi e centralissimo rispetto al palcoscenico, contribuì a rafforzare tale disapprovazione.

In realtà, al di là dell’uso che veniva fatto dalle famiglie benestanti, la struttura a palchi può ricordare la struttura delle piazze cittadine nel momento in cui venivano allestiti spettacoli all’aperto.

Mentre sulla piazza gli attori si esibivano, infatti, affacciati alle finestre dei palazzi i cittadini partecipavano alla visione.

Ecco allora che il teatro all’Italiana può essere considerato una grande piazza al coperto che permette di ospitare un pubblico variegato in qualsiasi circostanza atmosferica, di giorno e di sera.

Il Teatro San Carlo di Napoli, Di IlSistemone – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22817656

E anche se in alcune occasioni è stato utilizzato per rimarcare il potere di questa o quella città, l’attenzione per il teatro continuerà a prendere piede in una larga fascia di popolazione e ad essere ricordata nelle cronache locali mondane, stimolando nei secoli la curiosità di un pubblico sempre più consapevole. Non a caso la tradizione del melodramma è viva ancora oggi e nei teatri di tradizione trova sempre ogni anno una stagione ricca di titoli appassionanti.

Prima di lasciarti ti lascio un piccolo suggerimento. La prossima volta che metterai piede in un teatro all’italiana (spero davvero possa succedere presto in questo 2021!) prova ad andare in platea e a metterti in piedi dando le spalle al palco. Osserva la sala illuminata con tutti i palchetti: ti accorgerai che il teatro ti sta abbracciando! Il teatro ti chiama a sé!   

Stai attento però perché crea dipendenza! I tuoi occhi inizieranno a brillare e non vorrai più uscire!

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