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Andare a Teatro nell’Antica Roma

In questo articolo Rebecca Luparini ti parlerà di:

(Immagine di copertina: Attori  romani prima di entrare in scena, da Pompei, Di Marie-Lan Nguyen (2011), Pubblico dominio, Collegamento)

 

Continuiamo il nostro viaggio nel tempo, lasciandoci alle spalle gli spettatori greci delle Dionisie per andare a conoscere più da vicino gli spettatori dell’Antica Roma.

Con questa nuova rubrica, guardiamo infatti al teatro e la sua storia dal punto di vista insolito dello spettatore.  Con lo scorrere dei secoli, è cambiato tantissimo il suo modo di approcciarsi al teatro, così come il suo comportamento durante le messinscene.

In questo articolo faremo la conoscenza del tipico spettatore dell’antica Roma e, chissà, forse capiremo qualcosa di più su noi stessi, spettatori italiani del teatro del ventunesimo secolo!

Il problema delle fonti

La maggior parte dei testi teatrali a noi giunti sono quelli che composero i due più grandi commediografi latini conosciuti: Plauto e Terenzio.

Questi autori hanno scritto le loro commedie durante il terzo e il secondo secolo avanti Cristo. È quindi questo periodo che prendiamo in considerazione.

D’altronde, non abbiamo che pochi frammenti dei testi teatrali successivi, fatta eccezione di alcune opere teatrali di Seneca. Si tratta di testi che, data la loro struttura, non sono stati scritti per la scena ma per essere letti di fronte ad un auditorio di poche persone.

Inoltre, non possiamo prendere troppo in considerazione i resti archeologici degli antichi teatri romani, poiché risalgono all’epoca imperiale della storia di Roma, un periodo successivo a quello di Plauto e Terenzio. Epoca in cui, peraltro, erano diffusi solamente pantomima e mimo, una tipologia di spettacolo dal vivo ben diversa.

Infine, le testimonianze pittoriche circa le messinscene sono solo parzialmente affidabili, poiché non essendo delle fotografie non sono certamente in grado di riprodurre in maniera fedele la realtà teatrale di allora.

Anche in questo caso, quindi, il nostro viaggio indietro nel tempo si basa su congetture e ipotesi che gli storici hanno potuto dedurre da ciò che viene scritto negli stessi testi teatrali.

Questi ultimi, infatti, sono tutt’oggi la nostra più preziosa fonte di documentazione.

In particolar modo, risultano essere molto importanti i prologhi delle commedie latine. Questi, involontariamente, ci danno molteplici indizi per capire come era formato il pubblico romano e come era strutturato l’edificio teatrale in cui avvenivano le messinscene.

Il Teatro Romano durante l’età repubblicana. I Ludi Scænici

Nell’antica Roma le rappresentazioni teatrali avvenivano solitamente all’interno di festività che coinvolgevano tutti i cittadini.

Come per l’antica Grecia, queste festività erano associate con la religione di Stato, perciò assumevano sempre una forte aria di ufficialità.

Prendevano il nome di Ludi Scænici ed erano dedicati ad una particolare divinità. La religione romana era una religione politeista, vien da sè che certamente non mancavano le occasioni ufficiali per organizzare i Ludi!

Gli storici ne hanno individuati almeno cinque, la cui istituzione è però avvenuta in tempi differenti. I Ludi Romani dedicati al dio Giove, i Ludi Florales dedicati alla dea Flora, i Ludi Plebei dedicati anch’essi a Giove, i Ludi Apollinares dedicati al dio Apollo e i Ludi Megalensia dedicati a Magna Mater.

I Ludi erano organizzati e pagati dallo Stato e dai magistrati o, in alternativa, da privati cittadini molto ricchi per questioni di prestigio personale.

L’ingresso a teatro era gratuito, poiché il biglietto era offerto interamente dagli organizzatori.

Durante queste festività, tuttavia, erano offerti ai cittadini anche altri tipi di spettacolo e divertimenti, come corse di cavalli, danza sulla fune, scontri di pugilato, scontri tra gladiatori.

Stando alle testimonianze dell’epoca, non esisteva un preciso calendario dei vari eventi organizzati all’interno dei Ludi.

I diversi spettacoli potevano avvenire in contemporanea, entrando in concorrenza tra loro. E dai prologhi di Terenzio, veniamo a sapere che gli spettatori potevano perdere interesse per la messinscena, distratti magari da una gara di cavalli che avveniva nel circo poco lontano.

I Ludi Speciali

Per la società romana, ogni occasione era buona per divertirsi!

Accanto perciò ai Ludi Scaenici ufficiali venivano organizzati dei ludi speciali. Tra questi erano molto frequenti i Ludi  Votivi, organizzati ad esempio per l’inaugurazione di edifici pubblici, i giochi celebrativi per un qualche lieto evento, come la vittoria di una guerra. E infine i Ludi Funebri, organizzati in onore della morte di un nobile romano importante.

Come per l’antica Grecia, queste festività venivano organizzate all’aperto e di giorno, perciò durante il periodo primaverile ed estivo.

la durata dei Ludi è variata con il passare del tempo, in concomitanza con l’arricchirsi della società romana. Ai tempi di Plauto e di Terenzio quindi, la fastosità  e la durata dei Ludi ea decisamente ridotta rispetto ai Ludi maestosi che avvenivano in età imperiale. Ne consegue che, con molta probabilità, anche le giornate dedicate alle messinscene erano pochi.

Gli edifici teatrali

Gli spettacoli teatrali dell’antica Roma avvenivano all’interno di edifici teatrali  lignei e provvisori, eretti per l’occasione. Venivano costruiti probabilmente nei pressi del tempio del dio a cui i ludi erano dedicati. Una volta terminata la festività, i teatri venivano abbattuti.

La rigida moralità romana, infatti, giudicava il teatro una forma di intrattenimento che portava il cittadino ad oziare.  Per questo motivo era assolutamente vietata la costruzione di edifici teatrali permanenti.

Infatti, solo nel 55 a.C., in epoca tardo repubblicana, verrà eretto il primo edificio teatrale in pietra, per volere del console Pompeo.

L’organizzazione degli spettacoli

In merito all’organizzazione degli spettacoli ci sono giunte poche notizie. Plauto praticamente non ne parla, mentre Terenzio ne fa pochi accenni.

Tuttavia gli storici, grazie al loro lavoro certosino di ricerca di testimonianze, ci danno oggi un quadro un po’ più dettagliato di quella che probabilmente era l’organizzazione dello spettacolo.

Innanzitutto è bene ricordare che gli spettacoli erano organizzati dai magistrati.

Questo significa che, anche attraverso i Ludi facevano politica ed erano alla ricerca del consenso da parte dei propri elettori. Spesso infatti erano disposti ad integrare con denaro proprio la concessione statale (lucar) messa a disposizione per i Ludi.

I Ludi, in definitiva, erano un’attività intorno alla quale giravano molti soldi. Ma il drammaturgo o commediografo era comunque ai margini di questo grande giro di affari e di denaro.

Al centro di tale giro di soldi c’era infatti l’impresario, nonché capo degli attori.

L’impresario quindi comprava, a proprie spese, il testo teatrale dal commediografo (generalmente uno squattrinato).

Non si sa con esattezza quale fosse il tipo di contratto tra l’ìimpresario e il commediografo. Ad ogni modo, posisamo dedurre che l’autore vendesse, senza riserve, il proprio testo teatrale all’impresario, il quale poteva mettere in scena il testo, cambiarlo e  modificarlo a suo piacimento.

Il commediografo, una volta venduto il proprio prodotto teatrale, non aveva più alcun potere su di esso.

L’impresario era il solo e unico possessore della commedia e poteva decidere di lasciarla in eredità al successivo impresario della sua compagnia, o addirittura venderla a sua volta ad un altro impresario.

L’impresario, una volta aquistato il testo teatrale, cercava di rfiarsi della spesa appena effettuata coi soldi che il magistrato gli avrebbe pagato in un secondo momento per l’allestimento della messinscena.

I protagonisti della messinscena…

Sempre grazie ai testi teatrali a noi giunti, abbiamo qualche notizia in merito ai veri protagonisti della messinscena.

Gli storici fanno soprattutto riferimento a Terenzio e al suo impresario di fiducia, Ambivio Turpione. È infatti soprattutto dalle testimonianze della sua esperienza, che gli storici hanno potuto darci un quadro della situazione.

L’impresario, oltre ad essere a capo della compagnia, non di rado era anche lui stesso un attore che recitava nelle messinscene da lui organizzate.

Come capita oggi, per la realizzazione di uno spettacolo si ricorreva alle maestranze di diverse figure professionali.

Innanzitutto, dal prologo della commedia Asinara, sappiamo che la compagnia teatrale era chiamata Grex (Gregge) e ciò ci lascia supporre che il numero degli attori delle messinscene latine sia stato superiore a tre (come avveniva nell’antica Grecia, in cui tre attori si distribuivano le varie parti).

le varie troupe di attori avevano un padrone a cui sottoporsi, i cosidetti Domini. E chi prendeva in appalto la messa in scena era chiamato Conductores. Chi, invece, si occupava dei vestiti di scena era chiamato Choragus.

Chi si esibiva sul palco erano gli attori e un flautista. I primi erano chiamati Histrones o Cantori, mentre il falutista era detto Tibicen.

… e la loro condizione sociale

Gli storici si sono interrogati su quale potesse essere stata la condizione sociale di queste persone impegnate nella messinscena degli spettacoli teatrali.

Come al solito, a causa della scarsità dei documenti a nostra disposizione, non possiamo avere certezze ma solamente supposizioni.

È molto probabile che gli impresari o Domini fossero persone libere che, con il loro lavoro, avevano la possibilità di far grandi fortune. È il caso, ad esempio, di Ambivio Turpione che era un uomo di qualche importanza.

Allo stesso modo, probabilmente, anche i commediografi erano persone libere o liberte (ex schiavi). Ma come detto, non altrettanto fortunati.

Per quanto riguarda la condizione del resto dei membri della Grex, si hanno poche certezze.

In passato si è creduto, forse sbagliando, che nell’antica Grecia gli attori fossero degli schiavi e che, quindi, facessero parte della classe sociale più bassa della società romana.

Ma secondo la testimonianza di Tito Livio, che è vissuto tra il I secolo a.C e il I secolo d.C. in tempi antichi essere attore non era qualcosa da disprezzare, come invece accadeva certamente durante l’età imperiale, in cui gli histriones erano tutti schiavi o liberti.

Non era raro, insomma, che i giovani cittadini romani, persone libere, intraprendessero la professione d’attore. E spesso gli stessi commediografi o drammaturghi erano interpreti a loro volta, come dimostrano i casi di Livio Andronico e Plauto.

A conferma di questo, ci sono giunte testimonianze della presenza di attori davvero famosi e importanti. Un esempio, è l’attore comico Roscio, che frequentava le famiglie romane più ricche ed era grande amico di Cicerone. Non solo, pare che Roscio oltre a guadagnare una fortuna, abbia insegnato ad altri la sua arte e che abbia scritto un libro sulla sua professione.

Il suo contemporaneo, l’attore tragico Esopo, ha lasciato invece in eredità un’enorme fortuna grazie proprio alla sua professione.

Si può dedurre che, nell’antica Roma la professione d’attore non era una barriera per l’avanzamento sociale.

Questo però non significa che la condizione dell’attore medio (tragico o comico) fosse elevata.

Il fatto stesso che gli attori fossero organizzati in troupe sottoposte al comando di un padrone, il Dominus, ci lascia supporre che la loro fosse una condizione praticamente servile. Anche se, sicuramente, vivevano una esistenza nettamente migliore rispetto a quella che toccava in sorte agli schiavi veri.

Tuttavia è altrettanto vero che dovevano far capo al padrone della Grex di appartenenza, il quale con ogni probabilità si preoccupava del loro sostentamento durante il periodo invernale, quando le occasioni di andare in scena si riducevano drasticamente. In inverno, infatti, erano davvero sporadiche le occasioni in cui gli histriones si esibivano come pubblici intrattenitori.

 

Mosaico raffigurante le maschere della Tragedia e della Commedia. Di sconosciuto, Pubblico dominio, Collegamento

 

Il pubblico del teatro nell’antica Roma

Come già accennato poco più su, gli spettatori del teatro nell’antica Roma non pagavano nessun biglietto. Lo spettacolo teatrale era infatti offerto dai magistrati che organizzavano i Ludi.

Stando ai prologhi delle commedie di Plauto e di Terenzio, si capisce che tutte le classi sociali avevano libero accesso in teatro.

Perfino gli schiavi potevano assistere agli spettacoli, anche se non veniva assolutamente permesso loro di avere posti a sedere.

Infine, come accade oggi, il  pubblico dell’antica Roma era eterogeneo, composto sia da uomini che da donne e bambini.

Come si comportavano gli spettatori romani

L’ingresso gratuito procurava un rovescio della medaglia. Gli spettatori romani non erano particolarmente disciplinati, proprio perché nessuno aveva pagato il biglietto.

Come testimoniano ancora una volta i prologhi delle commedie, soprattutto ad inizio spettacolo una gran folla vociante e allegra si riversava in teatro.

La voglia di divertirsi era palpabile, accresciuta probabilmente anche dal fatto che lo si faceva a spese del magistrato di turno.

I biglietti gratuiti presupponevano la mancanza di una precedente assegnazione dei posti in platea, quindi vigeva la regola del “chi prima arriva, prima alloggia”.

Pratica che portava spesso gli spettatori a litigare tra loro, anche ferocemente, in mezzo a urla, schiamazzi e risate.

Per poter un minimo controllare questa situazione caotica, nacque la figura del Dissignatores, una sorta di antenato delle attuali “maschere”, il quale invitava e accompagnava gli spettatori a prendere posto in platea.

Data la poca disciplina del pubblico, nei teatri romani si sentì ben presto l’esigenza della figura di un banditore, il Præco.

Questa persona richiamava al silenzio gli spettatori affinché potesse iniziare lo spettacolo. Richiamo che, spesso, rimaneva inascoltato a giudicare dai tantissimi prologhi latini, in cui si fa cenno della presenza di molti spettatori rumorosi e chiacchieroni.

A giudicare da quanto riportato nella commedia “Amphitruo” si ricorreva addirittura alla presenza dei Conquistores per mantenere ordine e disciplina in platea, quando la situazione diveniva insostenibile.

In una situazione particolarmente caotica come questa, la presenza di un prologo accattivante, che riesca a richiamare l’attenzione del pubblico si poteva rivelare fondamentale per la buona riuscita dello spettacolo.

Per questo motivo, sia Plauto che Terenzio nei loro prologhi cercavano di assicurare gli spettatori che la loro commedia sarebbe stata divertente o interessante. E gli attori cercavano di portare avanti perfomance il più possibile migliori.

Drammaturgo e attori perciò collaboravano strettamente, perché consapevoli che il pubblico romano poteva facilmente essere distratto dalla presenza di altri spettacoli.

A differenza di quanto avveniva nell’antica Grecia, infatti, lo spettatore romano una volta preso posto in platea non aveva idea di cosa stesse per vedere in scena.

Nei Ludi infatti non era prevista la presentazione di un programma ufficiale della manifestazione. Era quindi fondamentale catturare l’attenzione degli spettatori, nella speranza che rimanessero ad assistere allo spettacolo fino alla fine.

I posti a sedere

Come già detto, la rigida moralità romana non vedeva assolutamente di buon occhio il teatro, considerato fonte di ozio per gli onesti cittadini.

Proprio in virtù di questo, almeno inizialmente non era previsto alcun posto a sedere in platea.

Gli spettatori dovevano rimanere per forza in piedi per tutta la durata dello spettacolo e questo spiega come mai Plauto molto spesso nei prologhi si vantasse della brevità delle sue commedie.

Solo a partire dalla seconda metà del II secolo a.C., stando a quanto ci viene detto da Tito Livio, nei teatri romani si prevedeva un numero esiguo di posti a sedere.

Caratteristica che ha portato spesso ai litigi e alle risse di cui si è fatto cenno più su.

Inoltre, in teatro, come oggi, era assolutamente vietato mangiare e bere durante la rappresentazione.

Alla luce di queste notizie, probabilmente possiamo essere un po’ più clementi con gli spettatori di allora.

La loro indisciplina può, infatti, essere in parte giustificata dalla mancanza di comfort.

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Abbiamo concluso anche questa seconda tappa del nostro viaggio indietro nel tempo.

Nella speranza che questo articolo ti sia piaciuto, ti aspetto per il terzo appuntamento. Andremo insieme alla riscoperta del teatro durante il Medioevo!

A presto!

 

 

 

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