Un genere di recitazione molto richiesto e un’esperienza formativa sia per attori professionisti che per amatoriali
Quando si parla di radiodramma, ossia di spettacoli teatrali da ascoltare alla radio, il richiamo immediato è agli anni Venti, quando ancora non esisteva la televisione e diversi registi e autori si cimentarono in questo nuovo genere di spettacolo, fruibile sfruttando il nuovo canale tecnologico della radio. Ecco allora Danger di Richard Hughes, nel 1924, in Inghilterra, il primo radiodramma ad essere trasmesso dalla Bbc, cui ne sguono molti altri, in Europa e negli States. Il filo conduttore, soprattutto all’inizio è quello di riuscire a catturare l’attenzione con atmosfere inquietanti e prevalgono le atmosfere noir.
Il radiodramma e la sua utilità nella formazione professionale dell’attore e non solo
Poi, con il passare degli anni, gli spazi del radiodramma si allargano sia ad opere più classiche della letteratura e alla poesia, sia alla sperimentazione drammaturgica. Fino a quando negli anni ’80 il sopraggiungere della musica commerciale oscura l’interesse per questo tipo di intrattenimento e il radiodramma passa di moda per alcuni anni, rimanendo però sempre tra gli elementi cardine della preparazione professionale di quanti vogliano intraprendere una professione in cui occorra valorizzare al massimo le potenzialità della voce: non solo quindi, attori teatrali e cinematografici, ma professionisti dell’utilizzo della voce: presentatori, audio-narratori di testi letterari e documentari e così via.
Di recente, però, complice l’utilizzo del podcast e la pandemia, si assiste ad un crescente interesse verso il radiodramma.
Per approfondire l’argomento abbiamo intervistato Adriano Saleri, di Roma, attore teatrale e cinematografico formatosi al Centro Sperimentale di Cinematografia – Scuola Nazionale di Cinema nel 2006. Saleri è anche insegnante di recitazione teatrale, radiofonica e cinematografica, oltre che di dizione.
Nel 2020 è stato scelto come Esperto Formatore dal Mibac (Ministero dei Beni Culturali) per il Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola (CIPS). Ideatore del progetto Radiodramma da casa, community rivolta agl appassionati del genere, ci aiuta a capire più a fondo questo tipo di recitazione.
Adriano Saleri – photocredit Paolo Palmieri
Il radiodramma come alternativa al teatro online durante la pandemia
Perché la scelta del radiodramma rispetto ad altre forme di recitazione?
“Ci tengo per prima cosa a dire che il lavoro didattico e registico che porto avanti da tre anni dedicato al radiodramma non è stata una scelta presa in un solo giorno ma il frutto di un processo (sicuramente abbastanza rapido) composto da semi gettati tanti anni prima (avevo preso parte come attore su radio3 a bellissimi progetti di radiodrammi fin dal 2004), senza che ne fossi pienamente consapevole, mescolati a intuizioni avvenute in un preciso momento storico ovvero quello della pandemia.
Ho deciso fin da subito di trasformare dall’inizio della pandemia il mio lavoro teatrale, che poteva per forza di cose continuare ad essere solo online, con dei gruppi che seguivo con alcune scuole in un lavoro basato solo sulla voce (senza video, senza quindi intraprendere la strada assai tortuosa del teatro online) e ho quindi usato piattaforme come Zoom forzandone la loro destinazione e nei fatti usandole come delle stazioni radiofoniche. Nel 2022 ho fondato Radiodrammadacasa (www.radiodrammadacasa.com). Il lavoro che ho portato avanti era finalizzato in maniera molto specifica alla realizzazione di script anni ’50 di area anglosassone concepiti appositamente per la radio.
Le potenzialità espressive del radiodramma legate all’immaginazione…
“Ma per rispondere alla tua domanda sul perché di questa scelta rispetto ad altre forme di recitazione ti dico che mi trovo sempre più a mio agio nella dinamica radiofonica che è una dinamica di lavoro rapida senza per questo essere trascurata.
Con gruppi di attori (per la maggior parte non professionisti) mi rendo sempre più conto di riuscire a mettere in moto delle energie immaginarie in un modo magicamente rapido e di raggiungere dei risultati che mi soddisfano molto anche nel giro di pochi giorni.
Il motivo è dato dal non dover memorizzare i testi, dal saltare a pié pari la messa in scena e la spazializzazione per fare un lavoro che ancora più che sulla voce è basato sull’immaginazione e sull’immaginario e che è esattamente quello che dovrebbe avvenire per qualunque attore, e quindi anche in un corso di teatro. Quindi il mio interesse per il radiodramma è assolutamente di natura teatrale, se possiamo dire così. È un lavoro sull’immaginario.
… e un maggiore equilibrio tra sforzi ed esiti finali
Sicuramente, avendo insegnato tanti anni teatro, provavo anche una certa frustrazione nel dedicare sei, sette o anche otto mesi a percorsi con spettacoli finali che poi si risolvono in uno o due giorni finali di messinscena col pubblico. Energie bellissime che chiedono però una soddisfazione maggiore.
Attraverso questo lavoro radiofonico ho riequilibrato molto le proporzioni tra gli sforzi e gli esiti finali e sono in grado di portare dei gruppi a dei bellissimi risultati nel giro di tre o quattro mesi o anche (in forma intensiva) di pochi giorni. Gli esiti possono essere in forma di registrazione da studio, di dirette radiofoniche digitali live con il pubblico connesso ad ascoltare, con anche la possibilità di pubblico dal vivo”.
Il fascino senza tempo della voce senza volto e le nuove tecnologie
Qual è l’attualità del radiodramma oggi?
“Assistiamo da qualche anno a un grandissimo interesse per la voce attraverso podcast e audiolibri.
La mia operazione ha un sapore retrò e futuristico al tempo stesso perché fa rivivere e riplasma un’età dell’oro radiofonica servendosi di quello che la tecnologia ci consente di fare oggi.
La voce continua a viaggiare senza confini e anche attraverso il digitale la dimensione arcaica di una voce senza volto resta comunque intatta. Lo spirito della radio può cambiare mezzi tecnici ma resta molto simile nella sua semplicità, nel farci tornare dei bambini incantati”.
( E a proposito della voce e della sua importanza in ambito recitativo, leggi l’articolo “La voce espressiva” )
Attori impegnati nel radiodramma – foto dal sito web radiodrammadacasa.com
A chi è rivolto il Radiodrammadacasa
Il corso è rivolto solo ad attori professionisti o anche a a chi fa teatro amatoriale? In questo secondo caso è previsto un corso di preparazione e formazione? Quale la sua durata? Com’è strutturato?
“I corsi sono rivolti a chiunque abbia desiderio di avvicinarsi alla recitazione radiofonica di radiodrammi d’epoca. Ho avuto anche attori professionisti che hanno seguito i miei percorsi ma sicuramente non avviene spessissimo. Posso dire che tutte le persone che entrano in contatto col mio lavoro sono mosse da una forte curiosità o attrazione e in un qualche strano modo sanno già quello che vogliono, senza ancora conoscere direttamente il mio lavoro.
I corsi che tengo non sono corsi di dizione o voce (li ho tenuti e ne tengo ancora a volte) e quindi cerco fin dall’inizio di formare dei gruppi di lavoro con personalità che possano ritrovarsi pur nella diversità di provenienza ed esperienze.
Non è semplice ma ce la metto sempre tutta. Un corso non intensivo (una volta a settimana per due ore) può essere in presenza a Roma oppure online con voci da tutta Italia. Normalmente dura quattro mesi e termina in un quinto mese di numerose dirette radiofoniche (da quattro a otto) che si svolgono o dal vivo con microfoni e attrezzature professionali oppure online distanziati in tutta Italia. Ma con alcuni gruppi dal vivo a volte decidiamo di registrare i testi sui quali abbiamo lavorato invece di fare delle dirette digitali live, per poi far successivamente ascoltare in differita il nostro lavoro”.
“Il radiodramma spesso piace a chi ama la recitazione ma non stare sul palcoscenico”
Quale tipo di pubblico attira oggi il radiodramma?
“Attira un pubblico di appassionati di recitazione, di voce, di mondo dell’audio e anche di amanti di un certo cinema anni ’40 e ’50. Questo è un aspetto importante perché il radiodramma flirta e dialoga molto con il cinema di quegli stessi anni. Amo molto realizzare versioni radiofoniche d’epoca di classici del cinema (più o meno conosciuti).
È l’amore per il cinema che mi ha avvicinato ai radiodrammi. Ed è anche sorprendente per me aver conosciuto molte persone appassionate di recitazione ma non di stare su un palcoscenico. Nature più discrete che amano di più stare nell’ombra per dedicarsi completamente a dei personaggi, con l’esatto opposto della smania di apparire. È stata una bellissima scoperta.
Ovviamente ci sono anche persone che amano il palco tanto quanto la radio ma il radiodramma ha una dimensione molto più discreta e sottile, quasi inconscia. Aggira le tue paure, ti fa fare un percorso al buio per un sentiero parallelo e ti ritrovi catturato senza nemmeno accorgertene”.
Il radiodramma è nato negli anni ’20 del secolo scorso come intrattenimento serale e spesso, specie nei Paesi anglosassoni, raccontava storie noir, si pensi ad esempio a Danger di Richard Hughes del 1924 o Scusi, ha sbagliato numero di Lucille Fletcher del 1943… in Italia invece vengono recitate le grandi opere teatrali, poi ci si apre alla sperimentazione negli anni ’60 e ’70 con Giorgio Bandini e Carlo Quartucci e Giorgio Pressburger. In Inghilterra vengono trasmesse le poesie di Dyan Thomas, in Germania c’è Bertolt Brecht con il suo teatro politico che fa ampio ricorso alla radio.
“I testi di area anglosassone i miei preferiti”
A quale di questi generi e modi di proporre teatro in radio ti senti più affine?
“Come ti accennavo lavoro principalmente su testi di area anglosassone. Questo comporta uno sforzo enorme perché devo scovare e poi tradurre totalmente gli script radiofonici sui quali intendo lavorare. In questo la mia passione per la traduzione mi ha aiutato. Oltre ad autori anche famosi come Agatha Christie (della quale ho realizzato in tantissime edizioni praticamente tutti i suoi radiodrammi) o John Dickson Carr mi interessa molto il rapporto tra radiodramma e generi ed è mia intenzione esplorare tutti i generi più importanti dal sentimentale al brillante al noir e molti altri ancora (che ricalcano assolutamente i generi cinematografici). Ho già tradotto e realizzato decine e decine di script ma il lavoro da fare è incredibilmente tanto ancora.
“Le regole stilistiche del radiodramma sono ben precise, non è un testo teatrale fatto in audio”
Per fortuna. Invece Mario Migliucci, con il quale lavoriamo da anni in teatro, segue per Radiodrammadacasa progetti didattici più italiani come per esempio Le Intervisti Impossibili.
Credo invece molto poco nel proporre radiofonicamente dei testi (anche brevi) scritti per il teatro. Un radiodramma viene concepito e scritto per essere ascoltato, non è soltanto un testo teatrale fatto in audio. Ci sono moltissime regole sotterranee che possono fare la differenza.
A volte si può essere fortunati e un testo teatrale potrebbe anche reggere in audio ma se si lavora sul radiodramma per me ha senso lavorare sul radiodramma e non sul teatro in audio. I veri radiodrammi sono affascinanti, cinematografici, sintetici. Ascolti storie di mezz’ora e ti sembra di aver ascoltato un film di due ore.
La scrittura teatrale è abbastanza diversa, non si può non tenere conto della destinazione finale per cui un testo è stato concepito”.
Voce bella o brutta: un falso problema
Veniamo agli aspetti pratici. Il lavoro sulla respirazione, sulla dizione, sulle pause, sul tono. Quante ore di esercizio servono al giorno, per chi è agli inizi?
“Domanda difficile. Ognuno è diverso, ha blocchi diversi, cadenze diverse. Penso comunque sia molto più stimolante lavorare con un gruppo di persone che condivide un tuo stesso percorso piuttosto che esercitarsi da soli a casa”.
Veniamo alla voce. Ci sono voci che in radio risultano più accattivanti, ad esempio una voce argentina e squillante rispetto a un contralto/basso, fermo restando che dipende dal tipo personaggio che si sta interpretando?
“Quello di una voce bella o brutta penso sia un falso problema. Sicuramente ci sono voci più gradevoli all’ascolto ma se mancano l’intelligenza, l’ironia, la capacità di smuovere mondi immaginari non serve a molto avere una bella voce. Esattamente come un bell’aspetto non è garanzia di nulla in senso assoluto per qualunque attore o attrice”.
Cover: Adriano Saleri – photocredit fabiobarbati@gmail.com