Abbiamo già parlato nel nostro blog dell’importanza della scenografia e dei costumi in uno spettacolo, sia dal punto di vista degli addetti ai lavori sia dal punto di vista di chi è spettatore.
La scenografia e il costume sono due elementi importantissimi di una rappresentazione e per essere realizzati necessitano di conoscenze e competenze ben precise. Non ci si può improvvisare scenografi o costumisti, se si vuole creare uno spettacolo fatto bene.
È per questo motivo che da quest’anno puoi trovare nel nostro blog una Rubrica sulla Storia del Costume, in cui vengono date alcune dritte importanti sulla moda delle varie epoche storiche, necessarie per realizzare costumi teatrali d’epoca.
Inoltre ci siamo rivolte ad una professionista del settore, la scenografa e costumista Adelia Apostolico per farci raccontare come si svolge questo lavoro tanto affascinante.
Ma prima di farvi leggere l’intervista che ci ha gentilmente rilasciato, andiamo a conoscere un po’ più da vicino Adelia.
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Chi è Adelia Apostolico
Napoletana, classe ’77, Adelia fin da giovanissima è una persona creativa.
Dopo il Liceo Artistico, frequenta con dedizione e successo l’Accademia di belle Arti di Napoli, conseguendo il diploma nel 2001 con il massimo dei voti.
E subito si butta nel mondo del teatro e della lirica, lavorando dapprima come assistente costumista, quindi come costumista e scenografa per un enorme quantità di spettacoli di prosa e di lirica. Nella sua carriera, vanta anche svariate esperienze di lavoro in ambito televisivo e cinematografico.
Attualmente è costumista e cofondatrice della Compagnia professionale “Compagnia degli onesti” e dal 2017 si occupa anche dell’organizzazione e amministrazione della stagione di prosa diretta dall’attore e regista Emanuele Barresi, presso il teatro “4 Mori” di Livorno.
Adelia Apostolico, nel corso della sua lunga carriera, ha avuto ed ha ancora oggi modo di vestire alcune delle più importanti celebrità nostrane.
Tra i suoi lavori più importanti, vanno senza dubbio ricordati: “Le smanie per la villeggiatura” di Carlo Goldoni, in cui ha vestito Romina Carrisi Power e Daniela Morozzi.
“Alti e bassi” in cui ha realizzato i costumi per l’attrice Paola Tiziana Cruciani, “Arsenico e vecchi merletti” in cui ha vestito, tra gli altri, Sergio Muniz e Ivana Monti.
E ancora “Il commissario Maigret al Liberty bar” in cui ha realizzato costumi scenici per l’attrice Paola Gassman, figlia del grande Vittorio.
E poi “Doppio Sogno” in cui ha vestito, oltre Ivana Monti e Giorgio Lupano, anche la bella e brava Caterina Murino. E infine “La vedova scaltra” di Goldoni, in cui Adelia ha potuto realizzare i costumi scenici per l’attrice Debora Caprioglio.
Quella di Adelia è, senza ombra di dubbio, una carriera di tutto rispetto. Per questo motivo, ti consiglio di leggere attentamente questa nostra intervista. Certamente non te ne pentirai, parola di Teatro per Tutti!

1. All’interno di uno spettacolo teatrale, quando e come intervieni per la realizzazione della scenografia e dei costumi di scena?
Il lavoro per la scenografia e per i costumi avviene fin da subito: il regista mi convoca per la consegna del copione e per discutere della sua linea, del suo punto di vista, della scelta degli attori, della data del debutto e della consegna del lavoro.
Quindi leggo il testo e in base alla sua scelta e a ciò che ci siamo detti, traggo gli aspetti salienti sia dell’ambientazione, per ciò che riguarda la scenografia, che dei personaggi e dei loro caratteri, per quanto concerne i costumi, evidenziandone gli eventuali cambi temporali.
Ne studio il periodo storico, nel caso in cui lo spettacolo sia ambientato in un particolare contesto non contemporaneo. Solo dopo questa fase, in base alle indicazioni registiche e al mio punto di vista, inizio a buttar giù sulla carta alcuni schizzi che prendono anima e carattere man mano che vengono sottoposti alla visione del regista. In un secondo momento questi schizzi diventano i bozzetti definitivi pronti per la realizzazione pratica.
Per il bozzetto di scenografia, considero fondamentale la funzionalità, la praticità (per il montaggio, smontaggio e l’eventuale trasporto per la tournée) e ovviamente la scelta dei materiali.
Per i bozzetti di costume, ho sempre sott’occhio le foto degli attori che interpreteranno quei caratteri e ricerco il tipo di tessuto che può andar bene sia per l’epoca che per il personaggio.
Penultima fase è la realizzazione pratica di scene e costumi presso i rispettivi laboratori, con i bozzetti alla mano.
La scelta dei laboratori dipende a volte dalla produzione, a volte da me, che suggerisco al regista o alla produzione i miei di fiducia. Presso i laboratori spiego sia agli scenotecnici che ai sarti, col mio bozzetto, come dovrebbero essere le scene e i costumi, se ci sono cambi (soprattutto se ci sono eventuali cambi a vista). Se presenti, in loco magari scelgo già i materiali, oppure dico agli scenotecnici e ai sarti cosa acquistare (spesso per i costumi vado direttamente io per mercati o per negozi di tessuti). Infine, cosa importantissima, comunico agli addetti dei laboratori la data di consegna. In sartoria, oltre ai bozzetti, consegno anche le schede degli attori con le loro misure. Ma quando possibile, vengono gli stessi attori in sartoria e i sarti prendono loro le misure.
In seguito andrò più volte in scenotecnica e in sartoria per vedere come procede il lavoro e in queste occasioni definisco meglio la scelta dei colori o di qualche altro dettaglio. Per quanto riguarda i costumi, già dopo qualche giorno, quando i sarti mi danno conferma, contatto di nuovo gli attori per una o più prove di costume.
Infine c’è l’ultima fase: consegna e prove in teatro fino alla generale per rettificare il tutto (se c’è da rettificare!).
Diciamo che il mio lavoro termina al debutto dello spettacolo col mio saluto finale sul palcoscenico insieme a tutta la compagnia!
2. Il tuo lavoro da scenografa e costumista subisce delle modifiche, quando hai a che fare con una produzione cinematografica? Se sì, come?
Le fasi di lavorazione sono simili ma mentre in teatro il mio lavoro termina al debutto, nel cinema prosegue anche durante tutte le riprese del film (forse è anche per questo che al cinema si guadagna di più!). Il cinema e il teatro hanno tecniche completamente diverse. Già il testo che ti sottopone il regista è scritto in modo differente: il teatro ha il copione, il cinema la sceneggiatura e spesso te la consegna la produzione.
Per il settore cinematografico, se si ha a che fare con un lavoro d’epoca storica, il tutto dev’essere filologico e più veritiero possibile, a meno che non si tratti di un film onirico o surreale. Bisogna fare molta attenzione ai dettagli, in quanto, a differenza del teatro, il cinema ha i primi piani, quindi una visione ravvicinata del tutto. Bisogna pensare alle scene e ai costumi come fossero visti sempre con una lente di ingrandimento (le cuciture dei costumi, per esempio, sono rifinite meglio rispetto a quelle dei costumi teatrali).
In teatro ci si concentra di più sull’effetto generale, sulla rapidità di cambio e su un quadro complessivo dell’insieme. Nel cinema, si punta invece alla realtà e alla massima autenticità del tutto. Le scene e i costumi teatrali per esempio, possono essere anche dipinti in modo tale che da lontano tutto sembri vero, nel cinema questo non si può fare: i materiali devono essere i più originali possibili. Non a caso si dice che il teatro sia solo finzione!
Dato che nel cinema si girano varie scene e non in ordine temporale, spesso, per una scena non serve costruire un’intera scenografia o vestire l’attore completamente di tutto punto. Alcune volte, in base alla ripresa, basta solo un angolo per la scenografia o vestire l’attore solo dalla vita in su, ad esempio. Dipende, ovviamente, da ciò che il regista vuole riprendere in quel momento.
Il lavoro del costumista e dello scenografo in ambito cinematografico è un lavoro certosino. I raccordi, ad esempio, sono un aspetto importantissimo e davvero noioso. Come già ho detto prima, le scene non sono girate seguendo una logica temporale ma una organizzativa. Quindi può capitare di girare con la stessa ambientazione e lo stesso costume più volte e per più giorni, alternando altri giorni con costumi e contesti differenti. È necessario perciò ricordare (e quindi fotografare) per quella determinata scena qualsiasi dettaglio, sia dal punto di vista del contesto sia per quanto riguarda l’attore in scena, il suo vestito e gli eventuali accessori.
Insomma al cinema, più che creatore, si dev’essere un rapido e attentissimo tecnico e osservatore!
3. Secondo la tua esperienza, quanta importanza i registi e le produzioni teatrali riservano alla scenografia? E quanta al costume di scena?
In teatro si dà abbastanza importanza ad entrambi gli aspetti, anche se sicuramente non come nel cinema.
Nel mio piccolo, noto una alternanza tra scene e costumi: alcune compagnie per la realizzazione dei loro spettacoli tendono a dar maggior importanza alla scenografia, trascurando o semplificando l’aspetto dei costumi, mentre altre fanno l’esatto contrario. È difficile trovare una cura e ricercatezza sia per l’uno che per l’altro elemento: forse questo avviene solo per gli spettacoli con grandi produzioni alle spalle o per la lirica.
È vero anche che in teatro i due elementi non possono brillare entrambi di luce propria sullo stesso palcoscenico, altrimenti si annullerebbe tutto l’insieme: dovrebbero essere complementari, per esaltarsi e valorizzarsi a vicenda, sia dal punto di vista cromatico che morfologico.
4. C’è un abito di scena o una scenografia che ti ha dato particolare soddisfazione nell’idearlo/a?
In generale un po’ tutti i lavori mi danno o mi hanno dato soddisfazioni: li considero un po’ tutti figli miei (e del regista!). Anche se a volte non ne preferisco il periodo storico o il tipo di testo da cui derivano, cerco di trovare sempre un lato positivo, lo sprone che mi stimola la ricerca e la creazione. Prediligo comunque i costumi, perché dato che sono indossati da attori, persone che diventano personaggi, ne intravedo un’anima che entra in loro e allo stesso tempo viene da loro plasmata.
Mi ricordo in particolare il terzo costume di Beatrice de “LA DONNA DI GARBO” di Goldoni che realizzai nel 2011. Il personaggio di Beatrice era alquanto vanitoso e, per l’occasione, dal primo al terzo cambio c’era un crescendo di trine, merletti e piume, fino appunto a culminare nel terzo ed ultimo abito, con cui sembrava letteralmente un pavone su una torta!
Potei sbizzarrirmi fortunatamente sia per l’epoca del testo (‘700) che per il suo genere, una commedia. Per l’occasione realizzai proprio con le mie mani il suo esageratamente sfarzoso e multicolorato copricapo a turbante con piume, pietre, perle e fiocchi. Anche la sartoria Panciatici di Livorno fece un ottimo lavoro per la realizzazione del costume, riuscendo a leggere attentamente il mio bozzetto e a crearlo identico.

5. Cosa ti senti di consigliare a coloro che vogliono intraprendere come professione il lavoro dello scenografo e del costumista?
Il primo consiglio che mi sento di dare è di imparare a disegnare e di esercitarsi tanto in questo aspetto del lavoro.
Inoltre consiglio di andare spesso a teatro e al cinema, per osservare e capire ciò che va fatto e ciò che è da escludere: molti giovani vanno poco al cinema e non conoscono affatto il teatro! È importante conoscere i grandi scenografi e costumisti, i registi e magari anche i grandi attori (molti adolescenti per esempio, non conoscono Marcello Mastroianni).
Altro consiglio che mi sento di dare è quello di avere tanta pazienza, passione e di essere molto precisi: è importante non trascurare né il lavoro né le scadenze.
Infine, per fare questo lavoro è necessario studiare la Storia e conoscere i vari periodi. È importante anche andare a ricercare i vari tessuti e materiali per la scenografia per essere sempre aggiornato.
Non è necessario saper cucire un costume o costruire una scena con le proprie mani, anche se almeno una volta, per esperienza va fatto. Bensì è fondamentale che nel momento in cui si disegna una scena o un costume, si sappia come possa venire realizzato nel migliore dei modi dai tecnici e si sappia come dirigere il lavoro in laboratorio, partendo dal proprio bozzetto.
6. Hai qualche consiglio da dare a chi invece, pur facendo teatro a livello amatoriale, vuole curare attentamente anche l’aspetto scenografico e dei costumi delle proprie messinscene?
Premetto che secondo me, chi fa teatro amatoriale, lo dice il termine stesso, “ama” questo ambito e non credo trascuri questi due aspetti salienti dello spettacolo. Spesso ho visto spettacoli amatoriali più curati di quelli messi in scena da professionisti!
A volte diciamo che, oltre al budget, è anche una questione di gusto e stile ideare delle efficaci scenografie e costumi. Una metafora che mi piace è quella della signora che veste con le grandi firme e della signora che invece indossa solo abiti economici da mercatino, ma alla fine la prima è meno raffinata e ha meno gusto della seconda. Coco Chanel infatti diceva: “la moda passa, lo stile resta” e che “il lusso non è l’opposto della povertà, ma l’opposto della volgarità”.
Quindi, al di là della scelta registica, del periodo in cui è ambientato lo spettacolo e dal budget, è importante avere buon gusto. Buon gusto nella scelta dei materiali e del loro abbinamento e nella scelta dei colori, che è fondamentale.
Quando si apre il sipario, secondo me, il pubblico prima di conoscere via via il senso dello spettacolo, dovrebbe trovarsi di fronte un quadro godibile, appunto un’opera d’arte. Il teatro è una forma d’arte, la cui scena e talvolta anche i costumi sono il primo impatto, il primo approccio che lo spettatore ha con lo spettacolo.
Non è importante avere una scenografia costruita complessa o caricare e riempire più spazi possibili di elementi scenografici. O ancora non è importante realizzare costumi ridondanti se tutto ciò non è necessario allo spettacolo.
È importante creare l’ambiente adatto e il costume che coi colori e tessuti rispecchi il carattere del personaggio. Via i fronzoli, se non sono previsti. Laddove invece ci sono, vanno studiati con criterio, non devono essere casuali.
Infine, altra cosa non casuale è il colore. L’ accordo cromatico in scena, tra i costumi dei vari personaggi e tra questi e la scenografia è importante. Anche se talvolta non vengono realizzati in laboratorio ma sono reperiti in giro o acquistati qua e là, scene e costumi o loro semplici elementi devono valorizzarsi ed esaltarsi l’un l’altro, con i colori.
Passione, pazienza e studio
Probabilmente sono questi tre gli ingredienti fondamentali per diventare un costumista e uno scenografo professionista.
D’altronde quello del costumista e dello scenografo è un lavoro artistico, in cui non basta solamente la tecnica per fare carriera. Perché sia possibile realizzare costumi e scenografie degni di nota, certamente c’è bisogno di tanta passione e di amore per quel che si crea.
La passione ti fa venire voglia di stare sui libri a studiare le varie epoche storiche, ti fa venire voglia di far ricerche sui grandi costumisti e scenografi del passato e imparare da loro i segreti del mestiere.
La passione potrebbe anche farti imparare a disegnare, anche se credi di poter essere negato. E ti farebbe imparare perfino a cucire!
La passione è la base su cui costruire il tuo futuro.
Ed è proprio la passione che ha spinto e spinge tuttora Adelia a lavorare nel mondo del teatro. È proprio grazie alla sua profonda passione che lavora al fianco di alcuni degli interpreti teatrali e cinematografici più importanti del panorama italiano.
Segui i preziosi consigli che questa grande professionista ha snocciolato nella nostra breve intervista, sicuramente ne trarrai profitto.