La nascita del Metodo di Recitazione Stanislavskij

In questo articolo Elisa Puccini ti parlerà di:

Bentrovati lettori!
Oggi iniziamo insieme un nuovo viaggio che ci porterà alla scoperta dei metodi di recitazione e allenamento degli attori messi a punto da grandi uomini di teatro.

Scopriremo anche che alcuni di questi metodi verranno ripresi nel cinema per formare attori di successo mondiale.

Iniziamo questo nostro viaggio, partendo da uno dei più celebri: il Metodo di Recitazione Stanislavskij.

In questo articolo, in particolare, cerchiamo di capire quali sono state le esigenze che hanno portato artisti e critici teatrali alla necessità di elaborare un metodo di recitazione.

A partire dalla fine dell’Ottocento, infatti, e fino ai giorni nostri alcune personalità importanti del panorama teatrale decidono di mettere per scritto suggerimenti, sistemi di apprendimento e di disciplina.

Tutto questo nasce dalla necessità di rendere l’attore consapevole del proprio corpo e il più credibile possibile sulla scena.

Questa esigenza si sviluppa con la nascente figura del regista che si impone sulla scena per coordinare singoli attori o gruppi di attori altrimenti lasciati allo sbando.

L’ATTORE DIVO DELL’OTTECENTO

Dopo gli anni bui del Medioevo, durante i quali gli attori venivano messi ai margini della società e perseguitati dalla Chiesa, l’evoluzione del professionismo teatrale innalza gli interpreti a veri e propri divi.

Nell’Ottocento addirittura le attrici e gli attori arrivano ad essere osannati e ammirati da folte schiere di spettatori che accorrono nei teatri per vedere gli artisti all’opera.

Cantante d’opera o attore di prosa, gli artisti si ritagliano un loro mondo fatto di riconoscimenti e attenzioni che li spingono a crogiolarsi nel loro mestiere.

Arriviamo così all’esito opposto rispetto al modo in cui venivano trattati in precedenza.

Nelle grandi rappresentazioni liriche prende sempre più piede il belcanto.

Si tratta di uno stile di canto che non ha alcun rapporto di verosimiglianza con la situazione raccontata e il carattere del personaggio.

Tende piuttosto ad esaltare le doti puramente musicali del cantante con fioriture e svolazzi, talvolta forzati.

Tutto è concesso, pur di mettere in risalto lo splendore della propria voce, alla ricerca degli applausi più scroscianti.

La figura del Primo Attore e della Prima Attrice

Sul fronte della prosa la situazione non è certamente migliore. Gli attori più celebri cadono nell’errore di pavoneggiarsi sulla scena così come tendono a fare nella vita di tutti i giorni.

Questi interpreti sono dei veri e propri divi.

Sono conosciuti come primo attore o prima attrice di una compagnia.

E sul palco, ad ogni messinscena, sfoderano le loro armi migliori: una voce potente, un aspetto piacevole, una gestualità ricercata. Si permettono di arrivare in ritardo alle prove e studiano approssimativamente il copione, anche se hanno il ruolo principale.

Proprio perché famosi, sono convinti che sia sufficiente la loro presenza per far sì che lo spettacolo ottenga successo.

D’altronde, per gli spettatori accorsi a teatro il testo rappresentato non ha quasi importanza.  Basta che sulla scena ci sia il loro beniamino.

Nel 1836 Alexandre Dumas padre scrive il romanzo “Kean, genio e sregolatezza” che ben ci fa capire come erano gli attori divi dell’Ottocento.

Come suggerisce il titolo, il romanzo era dedicato alla vita dell’attore inglese Edmund Kean,  che accanto ad un talento eccezionale – il Genio appunto – univa una vita totalmente sregolata. Un mix che attira da sempre l’attenzione del pubblico.

Anche Vittorio Gassman fu attratto da questa figura tanto che nel 1954 lo fece vivere a teatro e due anni dopo ne realizzò una versione cinematografica in qualità di regista e interprete principale. E lo sappiamo bene quanto uno spettacolo diretto e interpretato da un grande uomo di teatro come Gassman possa attrarre, qualunque opera decida di rappresentare.

Se da una parte l’Ottocento vede il fiorire di attori egocentrici e viziati, dall’altra sul finire del secolo emergono altrettante forti personalità che si schierano contro questo modo di fare teatro.

Sono anch’essi uomini di teatro, autori, critici, attori. E sono i primi a rendersi conto che la direzione che stanno prendendo questi interpreti rischia di portare il teatro ad un nuovo declino, concentrati più su se stessi che a coinvolgere il pubblico.

PRIMI PASSI VERSO LA REGIA

Grazie a questi artisti e critici, ci si avvia verso la nascita della figura del regista.

Chi impersona questo ruolo all’interno dello spettacolo, deve coordinare il lavoro degli artisti portandoli a seguire la strada giusta per la buona riuscita dello spettacolo.

E contemporaneamente ha anche l’arduo compito di eliminare tutti i vizi di un modo di fare teatro incentrato sull’Attore e non sul personaggio.

I primi passi verso la formalizzazione della regia vengono mossi nel piccolo ducato tedesco di Sassonia-Meiningen. Qui il duca Giorgio II, insieme al regista Ludwig Chronegk, dal 1866 al 1890 mette in piedi la Compagnia dei Meininger attiva in varie tournees in Europa e in America.

Fondamentale per la Compagnia era il rispetto del testo, la pratica di prove lunghe e rigorose, l’attenzione ai costumi, alle scene e all’illuminazione, il ricorso costante a scene di massa.

Altra scelta fondamentale che rappresenterà poi un punto fermo per Stanislavskij è quella di ricorrere alla rotazione delle parti principali.

Tra i numerosi attori che facevano parte della Compagnia molti erano dilettanti ma altri erano di grande valore.

Con la decisione di scambiare i ruoli, gli attori più preparati si ritrovavano a recitare anche come comparse. E a loro volta coordinavano piccoli gruppi di comparse, permettendo loro di ottenere consapevolezza nei movimenti e nei gesti.

Una decisione originale che pone sullo stesso livello tutti gli artisti coinvolti, evitando di cadere in facili protagonismi.

Una scelta che serve a far comprendere anche all’attore più meritevole di dover sottostare alla subordinazione del regista. Cioè la figura preposta a dirigere il gruppo e che finalmente prende in mano il controllo della situazione.

Controllo, disciplina, attenzione a tutto il gruppo di lavoro.

Punti fermi che nel giro di pochi anni Stanislavskij prenderà a modello per il suo Teatro d’Arte e che metterà per scritto nello studio del suo Metodo.

L’importanza della figura del regista

Questa premessa storica è fondamentale, per capire che prima della creazione della figura del regista, si faceva teatro in maniera davvero differente rispetto ad oggi.

Probabilmente rispetto ad oggi gli interpreti avevano molta più libertà di esprimere se stessi, senza la guida di una persona esterna alla scena.

Tuttavia questa libertà, spesso, andava a minare la struttura stessa dell’intreccio e la sua verosimiglianza.

Le attrici e gli attori di fine Ottocento andavano in qualche misura “disciplinati”, il tutto avendo come obiettivo la buona riuscita dello spettacolo.

Spettacolo che doveva comunicare un pensiero o un messaggio. E non essere meramente occasione per esaltare il divo o la diva di turno.

Con il prossimo articolo andremo a conoscere meglio la figura di Stanislavkij, il padre del  celebre metodo da cui derivano molti dei sistemi di recitazione oggi esistenti.

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