L’eterno giullare, artista a più livelli, attore, drammaturgo, cantautore, regista teatrale, scenografo, pittore, attivista politico, Premio Nobel per la letteratura. Questo e tanto altro è stato Dario Fo.
Il riso è sacro. Quando un bambino fa la prima risata è una festa. Mio padre, prima dell’arrivo del nazismo, aveva capito che buttava male; perché, spiegava, quando un popolo non sa più ridere diventa pericoloso

Il piccolo Dario Fo e gli anni della guerra
Dario Fo nacque in un paesino in provincia di Varese il 24 marzo 1926. Crebbe in una famiglia di forte tradizione antifascista, con padre ferroviere e madre contadina, insieme ai fratelli Fulvio e Bianca.
La sua vita familiare fu sempre intellettualmente vivace, dominata sin dalla prima infanzia da favole unite a cronaca locale, narrate dal nonno materno.
Da giovanissimo, nel 1940, si trasferì a Milano dove frequentò l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Ma l’avvento della Seconda Guerra Mondiale cambiò tutto e Fo si unì all’esercito.
In un secondo momento dichiarò di averlo fatto per non destare sospetti. La famiglia Fo, infatti, fu attiva nel doppiogioco, supportando la resistenza e aiutando rifugiati ed ebrei.
Dario Fo dalla radio e al teatro
A guerra finita tornò all’accademia, ma abbandonò gli studi iniziando a dipingere e avvicinandosi al mondo del teatro.
Dal 1950 Fo cominciò a lavorare per la Rai, come attore e autore di testi satirici. Lavorò nella Compagnia di rivista di Milano (una delle compagnie teatrali della RAI).
Nello stesso periodo si avvicinò al movimento dei Piccoli Teatri e iniziò a lavorare con Franco Parenti e per Radio RAI come ospite di programmi. Tra questi, il più celebre è forse la trasmissione radiofonica Chicchirichì, nei quali recitava fiabe, ma anche monologhi, brani da Shakespeare, racconti biblici. Tutto, ovviamente, in chiave umoristica.
Fu oggetto di scandalo svariate volte. Dapprima con il suo Amleto in cui il Principe di Danimarca uccide il padre per avere una relazione incestuosa con la madre.
Successivamente con il suo Otello albino e la sua spietata Giulietta.
Questo lavoro sarà sviluppato poi in Mistero Buffo, con rivisitazioni della storia e della leggenda popolare. Fu in questo periodo che Fo iniziò ad avere i primi problemi di censura. Nella Rai arrivarono addirittura alla decisione di licenziarlo a causa della satira sociale e politica che fluiva da queste storie.
Fu così che Dario Fo decise di portare queste stesse storie a teatro. Riempì il suo repertorio anche con altre opere che toccarono temi diversi come anche la segregazione razziale negli Stati Uniti.
Successivamente, insieme a Fiorenzo Carpi, iniziò ad integrare ai suoi spettacoli anche delle canzoni che lui stesso aveva scritto.
A partire dal 1952 scrisse e recitò per la radio le trasmissioni del “Poer nano”.
Dalla collaborazione con Franco Parenti e Giustino Durano nacque nel 1953 “Il dito nell’occhio”, dominato come sempre da satira sociale e politica.
Dario Fo e Franca Rame: arte e amore

È in questi anni che conosce Franca Rame, attrice, figlia di una famiglia di teatranti.
I due si sposarono il 24 giugno del 1954 ed ebbero il loro unico figlio, Jacopo, nel marzo del 1957.
La storia d’amore e d’arte Fo-Rame durerà per oltre cinquant’anni. I due hanno portato avanti centinaia di spettacoli di generi sempre diversi. Dalla farsa alla commedia dell’arte al teatro politico, ma anche teatro civile e sociale.
La loro è stata probabilmente una delle storie più belle del Novecento italiano.
Non perfetta e tranquilla, ma intensa, simbiotica, viscerare!
Un rapporto alla pari fra una grande donna e un grande uomo.
Un amore “assoluto, sconfinato, traboccante”: così lo definiva Dario Fo. Così lo ha sempre definito anche Franca Rame.
Mistero buffo e il grammelot
Nel 1969 Fo rivoluzionò il mondo del teatro! Mise in scena uno spettacolo recitato in una lingua mescidata. Univa, contaminandoli e fondendoli, diversi dialetti lombardo-veneto-friulani con la sua personale memoria della lingua dei giullari medievali.
L’opera era Mistero Buffo, che fu pubblicato con il sottotitolo “Giullarata popolare in lingua padana del ‘400”.
Fo chiamò questo nuovo linguaggio “grammelot”. E cioè un discorso completamente agrammaticale e asemantico. Eppure fortemente comunicativo nella sua realizzazione scenica, reso ancora più scenico dalle grandi doti mimiche e vocali dell’attore.
Si tratta quindi di un linguaggio scenico che fonda le sue basi sulla riproduzione del sistema fonetico di una determinata lingua. Lingua che viene riadatta in intonazione, ritmo, cadenze, toni, ricomponendo il tutto in un flusso continuo.
Mistero Buffo: un nuovo modo di fare teatro
E così questa giullarata popolare che è Mistero buffo testimonia questo nuovo modo di fare teatro.
L’opera è composta da un insieme di monologhi che trattano episodi di argomento biblico, alcuni ispirati a brani dei vangeli apocrifi, altri da racconti popolari sulla vita di Gesù.
L’opera influenzò autori e attori e venne considerato un modello per il genere del “teatro di narrazione”.
Lo stile del Mistero buffo è un richiamo alle rappresentazioni medioevali eseguite dai giullari e dai cantastorie. E difatti ogni suono, verso, parola o canto, uniti alla complessa gestualità utilizzata formano un insieme semantico unico.
L’opera ha questo nome – Mistero buffo – poiché riprende i Misteri e li rilegge in chiave satirico-grottesca ed anticlericale, così da porre l’accento sulla mistificazione degli avvenimenti storici e letterari nel corso dei secoli.
L’attivismo politico
Fo abbracciò l’utopia sessantottina al fianco di Franca Rame.
È il 1973 quando Franca Rame viene rapita e violentata da alcuni neofascisti come ritorsione per ritorsione per l’attività politica svolta assieme al marito nei movimenti di sinistra. Questa terribile esperienza viene raccontata dalla Rame nello spettacolo Lo stupro.
La compagnia teatrale da loro fondata – Fo-Rame appunto – vide numerosi processi e querele, nonché intimidazioni e minacce, senza farsi mancare bombe artigianali nei luoghi in cui si esibiva.
Col passare del tempo Fo, grazie al suo essere anticonformista, anticlericale e propenso alla satira alle istituzioni, divenne un personaggio di riferimento non solo in campo teatrale, ma anche in campo sociale.
Morte accidentale di un anarchico
1921, un emigrante italiano “vola” fuori da una finestra del palazzo della polizia di New York.
È questo il filo conduttore di una delle opere più note di Dario Fo, “Morte accidentale di un anarchico“, messa in scena per la prima volta il 10 dicembre 1970 insieme al gruppo teatrale “La Comune”.
La «morte accidentale» a cui allude – ironicamente – il titolo è quella di Giuseppe Pinelli, un anarchico che il 15 dicembre 1969 precipitò dalla finestra del quarto piano della questura di Milano, mentre era in corso l’interrogatorio per la strage di Piazza Fontana.
Le circostanze della morte furono archiviate come un caso di “malore attivo”.
Come si può immaginare, la messa in scena di questo spettacolo costò a Fo decine di processi.
Decise così di spostare l’azione della commedia dall’Italia agli Stati Uniti d’America, a New York, dove negli anni Venti accadde un evento simile.
L’opera però non fu “improvvisata. Nacque e si strutturò grazie a lunghi studi e ricerche su materiali che i coniugi Fo-Rame riuscirono a reperire, verbali dei processi, articoli, interviste. Infatti, il lavoro vide tre stesure diverse dal 1970 al 1973.
Il Premio Nobel per la Letteratura e gli ultimi anni

Fo è il secondo drammaturgo italiano a ricevere il Premio Nobel per la letteratura, prima di lui c’era stato solo Luigi Pirandello.
È il 9 ottobre 1997 il giorno in cui verrà premiato per i suoi scritti come testimonianza dell’arte dei giullari medioevali. Commentò dicendo: «Con me hanno voluto premiare la Gente di Teatro».
Dagli anni Novanta in poi la produzione di Fo ha continuato a seguire le strade della commedia farsesca e del monologo basato sul modello di Mistero buffo.
Con l’avvento del secondo governo Berlusconi Fo si dedicò a una nuova produzione d’impegno civile. Portò così avanti allestimenti di opere dalla natura satirica su Silvio Berlusconi: “Ubu rois”, “Ubu bas” e “L’anomalo bicefalo”.
Nel corso della sua vita in scena, la sua conoscenza del mondo teatrale e sociale gli ha permesso di trattare in modo ironico e provocatorio anche temi scottanti, trasformando la commedia dell’arte in un focolaio culturale attuale.
Continua così fino alla fine a immergersi nell’arte teatrale, nella radio, nel cinema e nella televisione.
Senza farsi mancare l’occasione di provare qualcosa di nuovo e di lasciare il segno ovunque andasse.
A tre anni dalla morte della tanto amata Franca Rame, Dario Fo morì il 13 ottobre 2016, a causa di una malattia respiratoria.
Riassumere la vita e l’opera di un personaggio come Dario Fo è una missione quasi impossibile.
Ma sicuramente va sottolineato il grande lascito che rimane dal suo lavoro in ogni campo in cui si è impegnato.
E una cosa è certa: l’eterno giullare continuerà a sorridere nelle nostre memorie.